Un inedito post in inglese su Spindoc illustra l'intervento che Antonio ha fatto alla conferenza PDF Europe, lo scorso novembre.
La tesi è che, nel creare rapporto coi cittadini, i politici abbiano "saltato il blog" e siano arrivati al social: in pratica, con l'avvento di Facebook e altri social network, i politici e i loro staff utilizzano strumenti che implicano un rapporto più rapido, diretto e - forse - più superficiale, dato il tipo di contenuti che vengono veicolati.
La presentazione è davvero interessante e merita approfondimento e riflessione.
Provo a buttar giù qualche annotazione.
Ricordo che una delle obiezioni fatte ad Antonio durante la conferenza è stata: e quale sarebbe la differenza, in fin dei conti? Non è pur sempre una modalità di comunicazione con i propri elettori?
La risposta che Antonio diede - e che mi trovò molto d'accordo - è che il periodo iniziale di sviluppo della blogosfera, in cui il blog era praticamente uno strumento di comunicazione unico nel suo genere, ha anche permesso la nascita di fiducia e reputazione, basate su quel che si scriveva, sui link, sulla verifica delle fonti. Insomma, qualcosa di progressivo, basato sulla costruzione di un rapporto graduale e di capacità sempre maggiori di orientamento in un contesto sconosciuto e su cui non avevamo parametri.
Mia considerazione finale: Certo, questo non può necessariamente avvenire nel momento in cui leggiamo il blog di un politico, o di un sindaco, o di altre analoghe figure pubbliche: diversi sono obiettivi e punti di partenza.
Tuttavia, fatte le dovute eccezioni, non sarebbe male se si concepisse più spesso la comunicazione (stavo per scrivere "dialogo", ma ho pensato fosse meglio non esagerare) coi cittadini non solo come messaggio - ed eventuale ricezione di commenti - ma come spazio più ampio di argomentazione, con rimando a fonti che non siano il proprio sito, con discussione di fonti diverse dal proprio sito.
Forse un "respiro più ampio" risulterebbe anacronistico?
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