mercoledì, giugno 29, 2011

New York: una vittoria politica più improbabile di quanto sembri

Dovevo segnalare questo pezzo già da qualche giorno, mi è tornato in mente oggi dopo un lungo discorso sui risultati politici e sociali, le cause, i fattori, la politica e la partecipazione.

In un periodo in cui c'è un malinteso senso di governo dei processi da parte della gente, dei movimenti, dei partiti che "devono ascoltare" (e devono ascoltare) e "non devono parlare" (e no, invece, devono), il New York Times spiega l'improbabile combinazione di forze che ha portato all'approvazione dei matrimoni per le coppie omosessuali nello stato di New York, venerdì scorso.
Il voto, va ricordato, è avvenuto in un senato a maggioranza repubblicana: sono quindi stati decisivi i voti di alcuni senatori repubblicani. Le forze in campo?
The story of how same-sex marriage became legal in New York is about shifting public sentiment and individual lawmakers moved by emotional appeals from gay couples who wish to be wed.
But, behind the scenes, it was really about a Republican Party reckoning with a profoundly changing power dynamic, where Wall Street donors and gay-rights advocates demonstrated more might and muscle than a Roman Catholic hierarchy and an ineffective opposition.
And it was about a Democratic governor, himself a Catholic, who used the force of his personality and relentlessly strategic mind to persuade conflicted lawmakers to take a historic leap. 
Un articolo dettagliato che mostra come certi processi siano complicati e mettano in campo politica, partecipazione, individualità e interessi economici ed elettorali, con tutte le luci e ombre di un contesto del genere.
Scontato che funzioni così? Forse sì, forse dovremmo ricordarcene più spesso quando cediamo (o sentiamo cedere) alla tentazione di lodare i nuovi "superpoteri della gggente", senza relativizzare e porre queste nuove forme di partecipazione e azione in un quadro più ampio ed articolato. Più complicato di quanto vorremmo, magari.

Fare politica senza parlare di politica: gli open data e il futuro

Il modo in cui decidiamo sul nostro futuro comune mi sembra qualche volta completamente fuori centro: si parla delle personalità dei leaders invece che delle loro politiche. Le stesse politiche diventano sembrano assumere connotati molto diversi a seconda di chi le propone: i “nostri” tagli di bilancio sono un assennata misura di controllo degli sprechi, mentre quelli degli avversari sono stangate indiscriminate su servizi essenziali. Il tutto è decisamente troppo emotivo; troppo perché votare “di pancia” rischia di avere conseguenze gravi (chi fosse interessato può leggersi “Il mito dell’elettore razionale” di Bryan Caplan). 
In un momento storico in cui si fa fatica a parlare concretamente di temi e azioni, tutta la mia ammirazione va a chi riesce a fare politica parlando di politiche e lavorando concretamente per obiettivi.
Con Alberto Cottica ho lavorato in passato e ho di lui grande stima: non mi stupisce quindi ascoltare un discorso del genere su politiche pubbliche e dati, ma mi sembra sia il caso di riproporlo qui.



Il valore degli open data, di un'analisi fondata, della loro interpretazione e della costruzione di relazioni con il contesto e le politiche. Prendete venti minuti di tempo e guardate il video.

venerdì, giugno 24, 2011

A chi conviene l'anonimato in Rete? Il caso Amina e altre storie

The fake Amina's blog was especially well done, with details that sounded authentic even to native Syrians. Its unmasked author said he was telling larger truths, but we have a name for this technique: fiction.
We also have a name for the technique of identity in this case: pseudonym. This is a much-used method online – not revealing one's own name but having a consistent identifier. It's one step away from outright anonymity, where there is no accountability whatever. As I wrote last week, the lack of accountability in such cases puts more responsibility on the audience. It is up to us to cultivate an abiding distrust for speech when the speaker refuses to stand behind his or her own words – that is, by using one's own name.
Sul Guardian Dan Gillmor parla del caso Amina, di credibilità e anonimato in Rete. Che non ci conviene eliminare.

lunedì, giugno 06, 2011

mercoledì, giugno 01, 2011

On hiatus


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