mercoledì, dicembre 08, 2010

Su Wikileaks - varie e non troppo eventuali

Non ho molto tempo per mettere in ordine i pensieri e gli spunti interessanti e passerò i prossimi giorni in viaggio.
Provo comunque a lasciare qui qualche traccia, sperando di avere tempo di scrivere qualcosa in seguito.

Julian Assange, The truth will always win:
WikiLeaks coined a new type of journalism: scientific journalism. We work with other media outlets to bring people the news, but also to prove it is true. Scientific journalism allows you to read a news story, then to click online to see the original document it is based on. That way you can judge for yourself: Is the story true? Did the journalist report it accurately?
Democratic societies need a strong media and WikiLeaks is part of that media. The media helps keep government honest.


Todd Gitlin, Everything Is Data, but Data Isn’t Everything:
If the database is the shape of knowledge in our time, then the definitive act of mediated communication is the data dump. So it is not surprising that the generation that has made the mash-up its prime aesthetic form has produced the data dump. But to put it this way is not to congratulate Wikileaks—at least not without considerable ambivalence. It’s to lament the coming of a certain—shall we say generational?—style of exposé. Wikileaks is the Facebook of whistle blowing.

Clay Shirky, Wikileaks and the Long Haul:
Like a lot of people, I am conflicted about Wikileaks.
Citizens of a functioning democracy must be able to know what the state is saying and doing in our name, to engage in what Pierre Rosanvallon calls “counter-democracy”*, the democracy of citizens distrusting rather than legitimizing the actions of the state. Wikileaks plainly improves those abilities.
On the other hand, human systems can’t stand pure transparency. For negotiation to work, people’s stated positions have to change, but change is seen, almost universally, as weakness. People trying to come to consensus must be able to privately voice opinions they would publicly abjure, and may later abandon. Wikileaks plainly damages those abilities. (If Aaron Bady’s analysis is correct, it is the damage and not the oversight that Wikileaks is designed to create.*)
And so we have a tension between two requirements for democratic statecraft, one that can’t be resolved, but can be brought to an acceptable equilibrium. Indeed, like the virtues of equality vs. liberty, or popular will vs. fundamental rights, it has to be brought into such an equilibrium for democratic statecraft not to be wrecked either by too much secrecy or too much transparency.

Micah Sifry, After Wikileaks: The Promise of Internet Freedom, For Real:
The conflict between Wikileaks and the U.S. Government reminds me of something we've been experiencing for some years now in the private sector of corporate activity and social enterprises. Lots of hierarchical, top-down, closed fortress organizations have been discovering that they need to open up, accept that the internet is dispersing power to the edges and into the hands of free agents, a.k.a. the people who used to be their audience. Think of how internal bloggers like Robert Scoble helped open up and humanize Microsoft's evil empire, or how angry consumer virtual flash-mobs like the one that rallied around Jeff Jarvis's "Dell Sucks" blog post confronted and pried open Dell. Or how netroots bloggers made Howard Dean the chairman of the Democratic National Committee, or how networked "Tea Party" activists generated successful challenges to eight Senate candidates endorsed by the Republican establishment in DC. Smart organizations have embraced these new forces and been improved in the process.

lunedì, dicembre 06, 2010

Un paio di riflessioni critiche su Wikileaks

Due persone di cui ho molta stima hanno scritto di Wikileaks, rilancio qui i loro post. 

Cinque rapidi punti evidenziati da Micah Sifry (qui sotto il punto 4):

People who think that more transparency will lead to the hiding of secrets deeper in the bureaucracy, and that as a result we will know less, not more about the workings of government or the powerful have got their heads screwed on backward. By that logic, we should require less public disclosure of what the government does, not more. Why ask campaign contributors or lobbyists to disclose any of their activities? In fact, when people think what they're doing ~might~ be subject to public view, their behavior generally changes for the better. Thus the overall value of Cablegate--exposing a great deal of the world's sovereign powers to a harsh new level of public scrutiny, and warning them that more such scrutiny is always a possibility in the future--should, on balance, lead to better behavior.

Alberto Cottica prende posizione in un lungo pezzo che vale la pena leggere:
Dico che WikiLeaks è orientata al bene comune perché la sua attività non è rivolta contro gli stati i cui documenti riservati va diffondendo. Al contrario, Julian è convinto di essere loro utile: informando i cittadini su ciò che davvero succede si irrobustisce la democrazia. Mettendo più teste a pensare alle scelte fatte in passato, si rende più probabile fare scelte più sagge in futuro. E dico che mobilita l’intelligenza collettiva. perché non pretende di spacciare “la verità”: cerca piuttosto di fornire materiale grezzo ai giornalisti, ai magistrati, ai cittadini interessati, e in prospettiva agli storici. La verità storica non sta nel singolo documento, ma nell’interpretazione condivisa del totale di questi documenti che emergerà dal dibattito. WikiLeaks si limita a trasferire documenti riservati nel pubblico dominio, e lascia poi all’intelligenza collettiva di cui parlo nel mio libro di ricostruire un quadro della situazione. E se giudica che un documento riservato possa mettere in pericolo vite umane si autocensura e non lo diffonde: è successo in passato per documenti sulla dislocazione delle truppe americane in Afghanistan.

mercoledì, novembre 24, 2010

Cambiare idea /1

Vista attraverso la lente del 2009, la "capacità negativa" sembra il perfetto antidoto all'"eroismo ideologico".


Eppure nei nostri politici cerchiamo ancora l'eroismo ideologico, nonostante tutto. Se sono pragmatici, li consideriamo deboli. Se sono equilibrati, li chiamiamo ingenui e sciocchi.

(Zadie Smith, Il dono delle lingue - in Cambiare idea)

lunedì, novembre 08, 2010

Il social network e come ci sta cambiando

Si è detto e scritto moltissimo su The Social Network, a turno il "film su Facebook" o sul suo fondatore, il più giovane miliardario al mondo, un film sul tradimento, sull'amicizia.
Un film che è molto più del suo sceneggiatore, Aaron Sorkin, che del regista David Fincher (e moltissimo dei suoi interpreti), che è molto più la storia di persone, che non di un business, molto più il modo in cui oggi usiamo e siamo usati dalle nostre ossessioni e dai nostri desideri, da chi abbiamo vicino e da chi vogliamo attorno a noi.


Il film e le varie considerazioni lette in giro mi sono tornate in mente oggi pomeriggio, mentre sono in viaggio per assistere a Venice Sessions, con titolo “Love in the digital age” (domani dalle 9.30, trasmesso in diretta).
La Rete – e Facebook, certo – hanno cambiato il nostro modo di creare relazioni e mantenerle: in dieci anni di Rete e in sei di blog, non riesco a contare il numero di amici, lavori, coppie createsi grazie alla Rete. Ma una delle cose che mi fa riflettere di più è come abbia cambiato la nostra nozione di tempo e di attesa nei rapporti con gli altri.
"Avrai un telefono vicino che vuol dire già aspettare" cantava Baglioni in altri decenni (e anche lì - curiosamente - c’era un amico che aveva deluso, tradito e ingannato). Adesso magari non restiamo in casa, ma controlliamo freneticamente la nostra pagina, aspettando che la nostra richiesta di amicizia venga accettata, di ricevere risposta al nostro messaggio, un like al video che abbiamo condiviso, un commento al nostro status, che magari abbiamo messo lì a bella posta, pensando che gli altri lo vedano, sperando che qualcuno risponda (e la consapevolezza, con conseguente presa in giro, dei tipici atteggiamenti su Facebook avviene innanzitutto su Facebook).
La nostra attesa dura – deve durare – pochissimo, lo spazio di un refresh, quello che Mark Zuckerberg continua a fare alla fine del film, per controllare se la sua ex ragazza ha accettato la sua richiesta di amicizia su Facebook.

The social network è forse anche un film su come siamo cambiati noi, su come sta cambiando il nostro modo di stare con gli altri – e forse niente è più sintomatico di Facebook per certi versi – su come sia diverso l’approccio e la comprensione del mondo “di questa generazione” di cui spesso si parla pomposamente, senza sapere mai davvero delinearne precisamente i contorni.
In uno dei pezzi più interessanti (e di più ampia prospettiva), intitolato “Generation Why?”, Zadie Smith lo spiega meglio di tutti:
Watching this movie, even though you know Sorkin wants your disapproval, you can’t help feel a little swell of pride in this 2.0 generation. They’ve spent a decade being berated for not making the right sorts of paintings or novels or music or politics. Turns out the brightest 2.0 kids have been doing something else extraordinary. They’ve been making a world.

giovedì, ottobre 28, 2010

L'ultimo col 2 davanti

A 20 sei agile, forte in genere digerisci anche i sassi e non smetti mai di di mettere alla prova questa abilità. Più avanti constaterai che le skill della tua scheda calano leggermente ma non è questo il punto. Se ci pensi bene la vita ti aveva avvertito per tempo.
Ci sono differenze di contesto sociale, di studi, lavoro e maturazione. Sono le più difficili da cogliere perché coadiuvate da alleati invisibili come il confondersi con la massa, il se succede (o non succede) a tutti è normale che succeda (o non succeda) a me, la mancanza di un obiettivo da perseguire, il rischio di perseguire una proiezione esterna da te: ciò che dovresti essere vince su far evolvere con armonia ciò che sei dentro e stare un po’ a vedere.
Com’è, come non è, ti ritrovi almeno a smentire la profezia pinkfloydiana dell’aver bruciato un decennio in un colpo:
And then one day you find ten years have got behind you
No one told you when to run, you missed the starting gun

(da un vecchio post di Fed che non avevo letto con sufficiente attenzione)

martedì, ottobre 19, 2010

Di Twitter, dell'attivismo e di un cambiamento alla volta

"Small Change" dismisses leaderless, self-organizing systems as viable agents of change. A flock of birds flying around an object in flight has no leader yet this beautiful, seemingly choreographed movement is the very embodiment of change. Rudimentary communication among individuals in real time allows many to move together as one--suddenly uniting everyone in a common goal. Lowering the barrier to activism doesn't weaken humanity, it brings us together and it makes us stronger.

Su questo numero dell'Atlantic, Biz Stone, co-fondatore di Twitter, risponde a Malcolm Gladwell e al suo articolo pubblicato dal New Yorker.

lunedì, ottobre 04, 2010

PdF Europe: ready to start

Vi pungesse vaghezza di sapere dove sono, il posto si chiama Universitat de Catalunya ed è meraviglioso.
Qui tutte le informazioni della conferenza che sarà trasmessa live nella parte plenaria del mattino.

Il tag per la conferenza è #pdfeu e qui c'è una lista degli speaker su Twitter - se vi va di mandare domande, osservazioni ecc, Twitter is the way.

A pomeriggio modererò due panel sull'organizzazione di campagne politiche nazionali e locali (elettorali, ma non solo): parleremo di best practices da varie parti d'Europa, Italia inclusa, e ci concentreremo in particolare sull'attivismo politico di gruppi estremisti o dalle idee politiche... piuttosto atipiche.
A breve uscirà un po' di materiale sul blog di PdF - tenete d'occhio il sito.

Idee? Domande?
Intanto è tempo di caffè... buona visione! :-)

domenica, ottobre 03, 2010

PdF Europe - preparazione

Da venerdì sera sono a Barcellona per l'organizzazione della seconda edizione del Personal Democracy Forum Europe, una conferenza su come la tecnologia cambia la politica e la società.
La conferenza si svolgerà lunedì e martedì all'università di Catalunya con un programma ricco e interessante - date un'occhiata agli italiani presenti.
Per un po' di background, qui c'è una mia intervista su L'Occidentale (grazie a Gabriele Cazzulini) e per tutto il resto (temi, iniziative, persone) c'è il blog di PdF Europe.

Il tag per seguire la conferenza è #pdfeu.
Stasera e domani un altro po' di informazioni - modererò due panel che si preannunciano molto interessanti.
Ora, molto di fretta, mi rituffo negli incontri di preparazione.

(ah, e Barcellona è splendida in questa stagione ;-) )

venerdì, settembre 24, 2010

Di cani, di pietre, di parole al posto giusto

Non mi occupo di libri per lavoro e a volte mi dispiace, per quella comune deviazione del pensiero che ci fa immaginare quanto sarebbe bello occuparci tutto il tempo di cose che amiamo (come se amarle bastasse a renderci adatti a occuparcene per lavoro).

Non mi occupo di libri e a volte penso che sia meglio, perché non so se sarei brava o rigorosa, per quanto ho letto, quanto poco sistematicamente rispetto alla quantità, quanto disordinatamente, quanto voracemente. Non so se renderei giustizia a un libro, non so se sarei capace di analizzare, di capire, di farci tutte quelle cose che fanno le persone che scrivono i libri e che coi libri - sui libri - ci lavorano.


In certi periodi (come questo), con un po' di fortuna, riesco a trovare un po' di tempo e a mettere insieme un po' di libri e il tempo per leggerli e respirare un po'.
A volte, con molta fortuna, mi capita di tornare a casa e, per una serie di coincidenze, ritrovarmi a leggere una piccola storia con tutte le parole al posto giusto, con le immagini nitide, con la storia di un altro e però il ricordo della prima volta che il mondo là fuori mi ha deluso.


Non mi occupo di libri e a volte penso sia una fortuna, soprattutto quando sento chi ci lavora parlarmi di deformazioni professionali in varie forme e dirmi che, spesso, i libri non riesce più a goderseli.
Non so se sia vero, o se sia vero sempre, ma il rischio, se c'è, non vorrei correrlo, perché son sempre stati l'unico modo per perdermi, nel senso migliore del termine, ed è una cosa che mi riesce sempre meno di frequente. Come stasera.

sabato, settembre 18, 2010

Aftermath

Ora che anche io ho lasciato quella città, trovo difficile liberarmi dalla sensazione che la vita contenga una perenne sfumatura di posteriorità. In inglese esiste una parola, aftermath, che indica ciò che segue a un evento.
Qualcuno una volta mi ha spiegato che, letteralmente, il termine si riferisce a una seconda falciatura del fieno nella stessa stagione. Chi fosse incline a osservazioni di ordine generale potrebbe sostenere che New York City calchi la mano sulla ciclica falciatrice della memoria, quella sorta di deliberata riflessione postuma che sortisce l'effetto - almeno così si sente dire, e desolatamente si spera - di sfoltire l'erboso passato riducendolo a proporzioni gestibili.
Perché quello continua a ricrescere, ovviamente.

Joseph O'Neill, La città invincibile

sabato, agosto 28, 2010

High Line, New York

Ne sentivo parlare già un anno fa, ma sono riuscita ad andarci solo lo scorso maggio, all'High Line. E devo dire che non ha tradito le aspettative. Anzi, più di altre occasioni, mi spiace di non essere una brava fotografa, pazienza.
Qui un po' di foto del parco e altre che ho scattato a New York a maggio (sì, con comodo).

Cool Britannia

La scoperta di Londra, con svariati anni di distanza rispetto a chiunque altro.
Brighton, il mare e l'albergo da vecchia Inghilterra.
Charleston, la campagna inglese e quel viaggio che volevo fare da molti anni.

Insomma, le foto delle vacanze.

venerdì, agosto 20, 2010

Daunt Books


Daunt Books, inserito originariamente da farenheit_81.

Londra, 18 agosto 2010
(e non smentirsi)

giovedì, luglio 15, 2010

Getting to know you

E alla fine tutto si mischia e in qualche modo trova un suo ordine, dai fantasmi del passato che tornano a farti visita agli ex datori di lavoro incontrati nei pressi della nuova casa, dalle molte conversazioni iniziate o finite sui massimi sistemi, fino alle costruzioni di routine e ritmi di sonno.

Due settimane senza dormire, lavorando, uscendo e arrancando, senza fare niente più di quello classificato come urgente o necessario, scoprendo una disciplina che non eri più sicura di avere e un'indulgenza che non eri disposta a concederti.
Settimane in cui lasci perdere certe cose molto più spesso del solito (e non si sa se sia smussare angoli o mancanza di interesse), in cui scopri che a volte è tutto molto più semplice del previsto, persino avere a che fare con le persone.

E poi due giorni in cui gli scatoloni all'improvviso si ammassano con la misura esatta della quantità di oggetti che ti porti dietro, in cui cadi e ti raccatti, più che rialzarti, in cui inizi a sentire che trovi il ritmo delle cose che fai, in cui succedono cose tanto ridicole da farti pensare che non può (che) esserci una sceneggiatura in quello che succede in giro.
Giorni in cui pensi che ecco, mi sa che l'abbiamo sfangata ed ecco, le cose sono in carreggiata o lo saranno.
In cui capisci che il trucco, spesso, è fare le cose esattamente quando e come ti vengono in mente.
Magari lasciandoti dello stupore per quando, più tardi, scoprirai che non ti sei fermato a riflettere.
Magari lasciandoti dello stupore per quando scoprirai che fai le cose in modo diverso e le fai già da molto più di due settimane.

domenica, luglio 11, 2010

We do live here now

Per la sopravvivenza e la salute mentale della sottoscritta, si ringraziano: amici milanesi, parzialmente milanesi e niente affatto milanesi, colleghi, genitori molto pazienti, il ventilatore, il divano del soggiorno, l'IKEA.
E grazie, soprattutto e per tutto, al coinquilino, per così tanti motivi che nemmeno li elenco.
(ed ecco, ora andrei a fare un sonnellino, magari)

martedì, luglio 06, 2010

Una settimana di quelle

A Milano arrivi e ti vengono a prendere in stazione e ti sembra di esser più leggera, tu, con la zavorra degli ultimi mesi, e quei due che ti dicono che qui starai benissimo.
A Milano al terzo minuto che ci sei hai già incontrato due compagni di università, i cugini di tua madre e gli amici che non vedi da sei mesi.
A Milano se vuoi un cornetto devi dire brioche e a volte un caffelatte si chiama latte macchiato.
A Milano ci sono i bidoni privati, quelli della differenziata.
A Milano non è mica vero che i milanesi sono sgarbati, o almeno io fino a questo momento ne ho incontrati di gentili.
A Milano si lavora tanto e poi, sì, tu sei arrivata nella settimana più intensa del mese, mi sa.
A Milano si fa colazione in compagnia, e con una caffettiera strana.
A Milano la prima pausa pranzo dura già meno del solito e durante la seconda ti perdi mentre parli al telefono.
A Milano c'è luce, il divano per sonnecchiare la domenica e un letto che attende di essere montato.
A Milano ti arrivano le telefonate da Roma per sapere come stai.
A Milano si dorme ancora poco, ci si sveglia per il caldo e per molti e vari pensieri. Allora ci si alza, si guarda da un lato, si sorride della genetica cieca e bara e si torna a dormire.
A Milano il sabato si va all'Ikea a comprare il letto e si torna a casa mangiando patatine e con in testa un  cappello da Crocodile Dundee (si?).
A Milano la domenica ti ingrigisci e allora ti portano in piscina, e c'è la folla, ma in fondo ti bastava solo andare sott'acqua.
A Milano si lavora molto, sì, e si esce un sacco e ci si diverte, ma sospetto di essere molto fortunata io.
A Milano i conti non tornano, perché io sono quasi sicura che certe persone non le conosco da tutto questo tempo. E però.
A Milano ci sono già tante parole dette, e non dette, ma capite, e sospiri e alzate di spalle e capelli arruffati, e silenzi e smorfie e risate. E non solo.
Insomma, vita, un bel po'.

You said we could start over, try and make it all okay

Ci siamo ricordati di quando abbiamo iniziato ad avere un'opinione, di quando ci siamo stupiti nel reclamarla, nel non pensare che avevamo torto per forza.
Ci siamo ricordati di quando non potevamo più mettere a posto le cose solo desiderandolo, della rabbia, di macchine e di pioggia, della più esatta rinuncia della vita.

Abbiamo avuto tutto, siam stati sul tetto, siamo caduti e abbiamo capito che è meglio così, che la vita come la conosciamo è iniziata solo dopo quel punto lì, quando abbiam fatto un passo lunghissimo e abbiamo smesso di avere paura.

Abbiamo smesso di sentirci inadeguati per non avere più parole belle abbastanza o sguardi induriti o gesti impulsivi. Abbiamo visto che non è male se certe cose vengono più facili e - cielo! - persino spontanee.
Abbiamo deciso che siamo migliori, non migliori degli altri, migliori di prima.
Abbiam deciso che questa volta la prendiamo con calma, certo non proprio comodamente, ma almeno smettendo di correre.

Ci siamo ricordati che i demoni sono tali perché a volte trovano il modo di tornare e a volte devi solo guardarli da vicino per scoprire che non fanno mica tanto male, se li conosci abbastanza, che basta un tuffo in acqua o, insomma, molto poco di più.
E che le cose che raccontiamo parlano sempre e comunque di noi, più di chiunque altro nomineremo a oltranza.
Questo sì, sarà bene ricordarlo.

lunedì, giugno 28, 2010

Domani a Firenze per Toscana Lab

Sono in viaggio per Firenze dove domani prenderò parte a un workshop intitolato "Internet Better society", uno degli appuntamenti di Toscana Lab, due giorni ricchissimi di eventi sulle varie declinazioni della comunicazione digitale.

Qui la presentazione dell'evento, moderato da Antonio Sofi, che mi ha invitato:
La domanda di partenza è quale sia il modo migliore (più etico, più democratico, più efficace) di usare le nuove tecnologie in politica: quale comunicazione, quale informazione, quale relazione con i cittadini/elettori. Internet sta certamente cambiando il modo di fare politica. La rende più aperta, trasparente e partecipata (forse anche un po' più populistica). Oggi fare politica senza Internet è come uscire di casa senza pantaloni: non si va lontano, la gente ti ride dietro e comunque tutti notano la mancanza. Ma la questione è soprattutto in che modo la Rete riesce a cambiare le regole del gioco politico: le strategie del confronto elettorale, le logiche del racconto giornalistico, le priorità dell'agenda pubblica - per finire all'azione di governo, alla pubblica amministrazione e a un confronto/interazione continuo con i cittadini che sul web non può più interrompersi il giorno dopo del voto.


Sono particolarmente contenta anche perché con me ci saranno amici e persone che stimo molto e sono sicura che il confronto sarà molto interessante:
Quanto a me parlerò di Personal Democracy Forum, della conferenza prossima ventura di Barcellona e - soprattutto - di quello che ho imparato e sto imparando scrivendo The Europe roundup.
Ci vediamo a Firenze con chi c'è.

domenica, giugno 27, 2010

Partire. Ripartire.

Sapevo che questo momento sarebbe arrivato da alcune settimane, ed eccolo qui.
Pensavo avrei scritto qualcosa di lungo ed elaborato per spiegarlo, raccontarlo. Alla fine, però, le parole sono aggrovigliate e forse non avrebbero senso per chi legge.

Da ieri mi sono trasferita a Milano: nuova città, nuova casa, nuovo lavoro, un po' di cambiamenti che racconterò, delle sfide che mi rendono molto contenta.
Molti mi chiedono come mi sento, come faccio, se mi mancherà Roma o no. Non ho molte risposte, né soddisfacenti, né interessanti, magari.
Ma una cosa devo dirla, di questi ultimi tre anni: ne è valsa la pena, in ogni momento.

domenica, giugno 13, 2010

[weekend]

Il brindisi alle guglie, i coriandoli, Celebrity Skin, il quartiere, le vite degli altri dalla finestra del quarto piano, gloriose reunion, gloriosi casini del tempo che fu, le già abitudini, le sedie colorate, la finta spiaggia, le vacanze di un secolo fa, l'invisibilità, le foto e i racconti di famiglia, le capre che masticano carte di credito, l'ansia, le attese buone, le attese faticose, i pezzetti di cose che capisci all'alba, il sole, le buone notizie, gli ultrasuoni, le risate, il silenzio, la voce che se n'è andata.
Si parte, si torna.

domenica, giugno 06, 2010

Appunti newyorkesi: rekindling romance


Forse non ha molto senso parlare delle cose che ami o, almeno, non ripeterlo dopo la prima volta. E quindi forse non dovrei dilungarmi nel parlare di quello che ho fatto a New York, di quanto son stata bene, del sole e della mente libera, per la prima volta in moltissimo tempo (gli amici lo sanno e la tortura toccherà loro anche quest'anno - porto loro un sacco di regali per quello, mica altro).
Forse è perché ogni volta che torno qui c'è sempre qualcosa di nuovo che scopro: questa volta è The Elevated Acre, un piccolo giardino nel bel mezzo di Wall Street, un piccolo spazio verde tra i palazzi pieni di gente che lavora. E con una vista spettacolare (grazie a Sara).
Forse perché ogni volta visito tante città, a New York ce ne sono moltissime, e ancora non ho deciso quale preferisco. Forse perché qui, in certi momenti, ho bisogno di camminare e star da sola, e ci riesco più facilmente che altrove, nonostante gli 8 milioni di abitanti.
Forse è quello, avere tante cose diverse e non dover scegliere, forse è tutto l'insieme di possibilità che mi ha dato, di costruire un pezzo della mia vita completamente da sola, di avermi fatto capire meglio (qui non va inserito alcun complemento oggetto), forse perché ogni anno è la mia settimana sabbatica e sembra arrivare quando più ne ho bisogno.
Forse perché è sabato sera e il quartiere si anima e i bambini giocano con gli idranti per strada e domani è domenica e giocano gli Yankees. Poi lunedì si torna al lavoro, alla routine, ai soliti ritmi.
"Prima o poi ti trasferirai qui" mi dicono Sara e Liz. Chissà.
Intanto il movimento c'è e ci sarà presto. Ma ne parliamo un'altra volta.

sabato, giugno 05, 2010

Appunti newyorkesi: Personal Democracy Forum 2010

Sono stata così presa da non averlo segnalato nemmeno qui: nei due giorni appena passati sono stata alla settima edizione del Personal Democracy Forum, qui a New York, mio appuntamento fisso da quattro anni.
Questa volta, anche spronata da Antonio, ho provato a fare un po' di liveblogging delle sessioni plenarie, cercando di rendere, per quanto possibile, tutti i discorsi e gli stimoli che sono arrivati.
Chi è interessato trova tutto su Spindoc.
Audio e video dei vari incontri, invece, sono qui.

Moltissimo è da approfondire e proverò a farlo nei prossimi giorni, anche se tra moltissimi cambiamenti che stanno arrivando.
Nel frattempo si inizia a lavorare per la seconda edizione di PDF Europe (qui la prima edizione), prevista per il 4 e 5 ottobre a Barcellona - siete invitati.

Vado a godermi l'ultima giornata a New York, domani si torna a casa. Circa.

martedì, giugno 01, 2010

Appunti newyorkesi: not fitting

Segni inequivocabili che certi negozi non fanno per te:
  • entrare da Barney's direttamente nel reparto maschile, restare disorientati tanto da contravvenire quasi subito alla propria regola personale "non parlo con i commessi"
  • chiedere indicazioni, finire nel reparto femminile, perdersi nel reparto femminile, riuscire a trovare la strada per il reparto maschile, perdersi pure lì, chiedere al commesso (e due)
  • trovare quello che cerchi, metterci dieci minuti a fare la conversione delle taglie, ridursi comunque a chiedere al commesso (e tre), non trovare il numero
  • farsi mandare da Bergdorf, entrare nell'ascensore, l'anziano commesso (e quattro) che ti dice di che bei saldi hanno al terzo piano. Momenti che sembrano eterni e invece sono solo due piani. 
  • sentire l'anziano commesso che ti dice che ah, se potesse, starebbe al terzo piano a fare acquisti con quei saldi lì
  • chiedersi a che serve un commesso in ascensore per soli due piani
  • chiedersi se i commessi degli ascensori hanno un nome specifico
  • arrivare al terzo piano, guardare di lato, vedere un manichino di donna vestito con un lungo abito drappeggiato prendere vita, accorgersi che è un essere umano, scappare via spaventata. Simulando disinvoltura, però.
  • no, non è che fosse magra o molto magra, era rigida tipo un manichino, muoveva solo le spalle e le braccia e non il resto del corpo
  • andare al reparto scarpe, chiedere quello che cerchi, sentirti dire che no, sa, quest'anno non abbiamo comprato quei sandali, fare una faccia di circostanza al commesso (e cinque) dalla faccia di plastica che te lo spiega - che poi chissà qual è, la faccia da fare
  • nel frattempo, chiedersi se questi commessi hanno un nome diverso da commessi
  • correre via senza guardare ai lati, per timore di rivedere il manichino. Simulando disinvoltura, certo.
  • aggiungere mentalmente "commessi di Bergdorf" nella lista delle persone che ti spaventano, subito dopo "clown"
  • pensarci, cancellare (mentalmente) "commessi di Bergdorf", aggiungere alla lista "manichini - specie quelli che prendono vita" e, solo dopo, "commessi di Bergdorf"

domenica, maggio 30, 2010

L'imprevedibile fascino della politica italiana

Succede così, a una festa, senza che tu te ne accorga. Tra una tartina e una birra, chiacchieri con qualcuno e - con l'inevitabile aura di chiunque sia appena arrivato da un altro continente - ti ritrovi a dover rispondere a domande sulla politica della tua nazione di provenienza, cercando di cavartela alla meno peggio.
Il giorno dopo, senza averlo minimamente previsto, ti senti dire che "il mio amico Mike ha trovato molto interessanti le cose che hai detto sulla politica italiana. Voleva sapere se hai un libro da consigliargli per saperne di più".

Ed eccoci qui, senza la minima idea di cosa rispondere. Sì, lo so, il danno l'ho fatto io, ma non è che qualcuno mi dà una mano?
[Nota per accrescere il coefficiente di difficoltà: qualcosa che sia stato tradotto in inglese, eh.]

Appunti newyorkesi: a Chelsea/Meatpacking day

Cose sparse, di nessuna importanza, ma da non perdere per strada
  • cose che mi sono piaciute molto: The High Line
  • scoperta alimentare del giorno: il guacamole
  • Chelsea/Meatpacking: in realtà mica ho capito dove finisce uno e inizia l'altro - si sovrappongono?
  • Chelsea Market: al chiosco hanno imparato a fare un caffè macchiato anche buono - c'è speranza per il mondo
  • Chelsea Market /2: il caffè, il Village voice, la musica, un sabato pomeriggio tranquillo
  • essere così rilassati che non ti pesa il tragitto in metropolitana, anzi quasi ti diverti anche a fare quello
  • la quantità di ricordi in circa un milione di posti
  • ho comprato i miei primi occhiali da sole ever (da Anthropologie)
  • motivi per cui amo New York: tu sei in giro e fai tutt'altro e per caso scopri che il giorno dopo c'è un evento fighissimo e di quel punto di nerd che ti piace tanto
  • avere programmi pieni di possibili cose da fare per i prossimi tre giorni. O anche no.

martedì, maggio 25, 2010

Cosa succede in città /3

Da pochissimi giorni è partito Pazienti.org, sito che raccoglie le esperienze dei pazienti con il servizio sanitario italiano.
Presto ne scriverò con più calma, perché è un'iniziativa che merita molta attenzione.
Nel frattempo, in bocca al lupo a Linnea, Federica ed Elena.

Cosa succede in città /2

La prima inchiesta di Spot Us Italia è in fase di finanziamento.
E abbiamo anche una nuova redattrice!

Cosa succede in città /1

Come ogni anno si va a New York al Personal Democracy Forum - questa volta, con mio grande onore, faccio anche da collega.
Oltre ai due giorni di conferenza, quest'anno ci saranno anche un BootCamp il giorno prima e una unconference il giorno dopo (e qualche italiano ci sarà).



Partenza venerdì prossimo - e poi, sì, si fa un po' di vacanza.

martedì, maggio 04, 2010

La sfida del crowfunded journalism in Italia

Su Apogeonline Giovanni Boccia Artieri parla di Spot.us Italia e ne analizza l'idea e le prime reazioni:
Le cose si costruiscono con calma in questo settore, ma mi sembra di poter dire che ancora una volta la Rete, nella nostra versione locale, non si mostra così innovativa nell’aprirsi a una responsabilità civica, alle forme di partecipazione non auto-riferite – parlare di sé, auto incensarsi eccetera. La dimensione centrale di questo progetto resta però la natura d’inchiesta in rapporto all’informazione nel nostro paese: «non è un caso  – racconta Federico – che la nostra, come altre iniziative simili, stiano nascendo in Italia prima che in altri paesi europei. La “fame” di giornalismo d’inchiesta è alta ovunque ma in Italia questa domanda, sotterranea ma palpabile, è prioritaria (vedi il successo di trasmissioni “di resistenza” come Report). Dico, riprendiamo e riprendiamoci il racconto della realtà, la realtà che vive oltre la superficie, al di là degli slogan, dietro l’(auto)-illusione».

Chi sarà parte del progetto Spot.us Italia? "Giornalisti che colgono il cambiamento e cittadini attivi, responsabili e attenti" come dice Federico. Ma quali saranno le dinamiche che animeranno i progetti di crowfunded journalism?
Giovanni rilancia con alcune domande e riflessioni da tenere a mente, molto utili per noi che ci confronteremo con gli sviluppi, passo dopo passo:
Mi chiedo allora: sarà la pratica del dubbio o quella del sospetto a stimolare il desiderio di inchiesta nei cittadini? E quali giornalisti parteciperanno, quelli che praticano il dubbio o il sospetto? Non c’è sospetto dietro queste mie domande, solo dubbi. Dubbi che derivano dalla relazione particolare che in Italia si ha tra la forma narrativa che assumono molti contenuti mediali di stampo informativo e il bisogno di un racconto sociale “dal basso” che cerca di farsi spazio perché non si sente, spesso, rappresentato nei media.


[anche sul blog di Spot.us Italia]

lunedì, maggio 03, 2010

Il Get Out The Vote al tempo delle elezioni nel Regno Unito

Una delle cose che mi piace dello scrivere "The Europe roundup" è la costante scoperta di cose nuove, di contesti diversi, di persone e progetti interessanti.
Appena avrò un po' di tempo dovrò mettere in fila un po' di cose e provare a raccontarle. Per ora provo a mettere qui alcune cose un po' più immediate e che hanno bisogno di meno tempo per le spiegazioni.

Il primo è questo video GOTV (Get Out The Vote, cioè invitare le persone ad andare a votare) realizzato da Total Politics, rivista che si occupa di politica, ma in modo poco convenzionale.
Il video è piuttosto divertente e la musichetta resta in testa:



La cosa divertente è che nel video sono presenti persone che stanno partecipando a questa campagna elettorale a vario titolo, dai politici al loro staff (tra gli altri Alastair Campbell, spin doctor del partito Laburista e già portavoce di Blair), dai giornalisti ai principali blogger politici, di tutte le appartenenze.
Mancano solo tre giorni alle elezioni, ma, almeno su una cosa sembrano essere d'accordo.

[nota: anche in Inghilterra, come negli Stati Uniti, per poter votare bisogna prima registrarsi, cosa che rende naturalmente più basse le percentuali di votanti]

lunedì, aprile 26, 2010

Spot Us Italia e i fili che si annodano



Di Spot Us sono, come si suol dire, una fan della prima ora.
Avevo conosciuto David Cohn al Personal Democracy Forum 2007 e, quando ha iniziato a parlare del suo progetto, mi sono subito entusiasmata: l'idea che i cittadini potessero finanziare inchieste giornalistiche (che diversamente non sarebbero mai state realizzate) mi è sembrata un'idea semplice ma assolutamente grandiosa.
Credo di aver scritto il primo pezzo in italiano su Spot Us, su Apogeonline, e da allora ho seguito passo per passo le evoluzioni e i rapidissimi passi fatti da David e da tutti quelli che hanno contribuito - notando che anche in Italia l'idea è piaciuta e che se ne è iniziato a parlare.

Ovviamente, quando vedi che altri realizzano una bella idea altrove, pensi sempre a quanto sarebbe bello farlo anche qui, di quanto ce ne sarebbe bisogno. E poi, a un certo punto, i fili si annodano e qualcuno ti scrive per chiederti se vuoi dare una mano a creare Spot Us Italia.
E in men che non si dica, sei in ballo e Spot Us Italia c'è, per davvero, e funziona così.

Federico e Antonio hanno fatto un gran lavoro e io ho dato una mano per i contenuti del sito e la comunicazione (qui anche twitter).
Adesso, naturalmente, tocca a voi!


N.B. A proposito di fili che si annodano, ho conosciuto Federico grazie a Kublai, un'esperienza per cui non sarò mai grata abbastanza.

sabato, aprile 03, 2010

The Shirky principle

"Institutions will try to preserve the problem to which they are the solution."
Clay Shirky

Cose da fare nel weekend: leggere The collapse of complex business models
Edit: e anche Kevin Kelly, già che ci siamo.

venerdì, aprile 02, 2010

Personal Democracy Forum 2010: Google Fellowship

Anche quest'anno si va a New York per il Personal Democracy Forum (save the date: 3 e 4 giugno).
Anche quest'anno Google, uno degli sponsor, mette a disposizione delle fellowship che coprono parte dei costi della conferenza (diversi italiani ne hanno usufruito a PDF Europe).
Per partecipare basta compilare qui entro il 16 aprile - fate girare la voce!

mercoledì, marzo 31, 2010

Considera l'aragosta

"Le persone e gli animali hanno una zona del cervello che fa sentire il dolore, e questa zona il cervello delle aragoste non ce l'ha".
A prescindere dal fatto che questo è errato in nove modi diversi, il motivo principale per cui l'affermazione di Dick è interessante è che la sua tesi è più o meno echeggiata dalla stessa dichiarazione degli organizzatori del Festival delle aragoste e il dolore, parte di un quiz intitolato Testate il Qi della vostra aragosta che compare nel programma del Fam del 2003 per gentile concessione del Consiglio per la promozione dell'aragosta del Maine.

Non c'è un motivo particolare per questa citazione, se non che sto leggendo "Considera l'aragosta" e mi sto divertendo come non mi succedeva da tempo, leggendo un libro.

sabato, marzo 27, 2010

La politica, le bugie che fanno male e il voto, nonostante tutto.

Un paio di giorni fa, durante una sosta in una stazione, ho trovato un libro che volevo leggere da tempo, una raccolta di saggi di David Foster Wallace, intitolata "Considera l'aragosta".
Dopo una rapida occhiata agli argomenti dei saggi (e molto prevedibilmente, per chi mi conosce) ho aperto a metà libro e ho iniziato a leggere "Forza, Simba", che racconta una settimana di campagna elettorale di John McCain nel 2000, ai tempi delle primarie repubblicane contro George Bush.
La grandezza e la miseria di una campagna elettorale on the road sono forse (anche) tutte lì, così come la figura fuori dagli schemi di McCain, di cui abbiamo sentito parlare a distanza di otto anni nella sua campagna elettorale contro Obama.

Ma non è solo questo che mi ha colpito: molti passaggi particolarmente interessanti sono dedicati alla motivazione che McCain dà ai giovani americani, a chi non ha mai votato, ponendosi in modo del tutto nuovo rispetto al resto della politica, in modo nuovo e onesto - e, paradossalmente, molti passaggi riecheggiano quello che otto anni dopo sarebbe stato scritto di Obama, sebbene in altri contesti e modalità.

La politica che mente, che ci toglie speranza e che ci fa pensare che forse sarebbe meglio mollare tutto, cose che ci suonano familiari oggi, dieci anni dopo e in un altro Paese.
E soprattutto, quasi ingenuamente, il male che ci fanno queste bugie (non è l'effetto di tutte le bugie, poi?):

Perché ci hanno mentito, ci hanno mentito tanto, e sentire che ci hanno mentito fa male. in definitiva non è più complicato di così: fa male. [...] per anni continuiamo a imparare dalla cruda esperienza che le bugie fanno male. che ti sviliscono, ti privano del rispetto per te stesso, per chi mente, per il mondo. Specie se le bugie sono croniche, sistemiche, se l'esperienza sembra insegnare che tutto ciò in cui teoricamente dovresti credere altro non è che un grande gioco basato sulle bugie. 
[...] è doloroso sapere che i sedicenti "rappresentanti del popolo" tra i quali si è costretti a scegliere sono tutti impostori la cui unica vera preoccupazione è la propria sopravvivenza e la sussistenza, e che sono disposti a mentire in modo così scandaloso e con una faccia così impassibile da farti capire che devono essere assolutamente convinti che tu sia un idiota. E quindi chi non sbadiglierebbe e non prenderebbe le distanze? Chi non sceglierebbe l'apatia e il cinismo a posto del dolore che provoca il sentirsi trattati con condiscendenza? E chi non si entusiasmerebbe per un politico importante che dia l'impressione di rivolgersi davvero a te come se fossi una persona, un adulto intelligente e degno di rispetto?

E però, nonostante tutto, e anche senza una figura che ci ispiri, penso che andare a votare sia importante, estremamente. Non è mia intenzione farne un trattato, né penso di portare argomentazioni incredibilmente nuove, però credo che conti ancora, che valga.
E domani andrò a votare, contenta di poterlo fare e, pur senza il candidato ideale o perfetto, convinta di chi sceglierò.

martedì, marzo 23, 2010

Imbrigliare l'imprevisto - o forse no: quello che Kublai ci ha insegnato

Alberto e Tito hanno parlato di Kublai sullo European Journal of ePractice. Il titolo è "Harnessing the unexpected", cioè imbrigliare l'imprevisto. Il titolo è spiegato da Alberto sul blog di Kublai:
Dopo due anni di Kublai, forse la cosa più importante che abbiamo imparato è che sul web 2.0 è impossibile prevedere e controllare tutto: tanto vale insegnarsi a non provarci nemmeno, e cercare invece di usare a vantaggio del progetto le molte cose inaspettate che la comunità si inventa.
Lettura consigliatissima (in inglese).

giovedì, marzo 18, 2010

Un kublaiano a South by Southwest

Marco Colarossi è a Austin (Texas) e, con mia grande invidia, sta prendendo parte a South by Southwest, dieci giorni di eventi tra tecnologia, cinema e musica, una manifestazione unica nel suo genere.

Qui c'è il suo racconto, sintetizzato in dieci parole chiave.
Roba da farti venir voglia di prenotare subito per l'anno prossimo.

venerdì, marzo 12, 2010

Lessig alla Camera/ 3 - Avvertenze sui facili entusiasmi


Occhio però che lasciare parlare il Guru in parlamento non significa che il sistema economico-produttivo di questo paese ha capito cosa sta cambiando. Lo si vede per esempio dall'assenza dei tavoli che contano di esponenti economici delle imprese della Rete o chi della cultura della Rete si occupa.

Giovanni Boccia Artieri (qui)

Lessig alla Camera/ 2 - Un dibattito sulla Rete, se c'è

L'incontro con Lessig è stato l'inizio di un dibattito o un'occasione persa?
Per approfondire:
Quello che mi viene in mente è che forse ormai abbiamo idee diverse anche su cosa sia un dibattito su questi temi: per alcuni c'è se se ne parla in Rete, per altri lo è solo se arriva sui media tradizionali (e pare di no, per ora).
Ciò che alcuni suggeriscono è tenere viva l'attenzione, non dimenticare gli stimoli positivi che ci sono arrivati e rendere questo incontro un primo passo.
Vediamo in quanti saranno d'accordo.

Lessig alla Camera/ 1 - La "difesa" della Rete

Prima della lectio di Lessig alla Camera, ho letto di sfuggita una frase di Giovanni Boccia Artieri, piuttosto perplesso sulla scelta di #difenderelarete come etichetta di riferimento del dibattito di ieri: "Perché difendere la Rete?" (e non puntare a *diffonderla*, come poi si è detto?).

 "La Rete va difesa quando ci sono leggi assurde che la negano" scrive Luca Rossi in questo thread molto interessante.
A me sembra ci sia un equivoco di fondo: il momento storico è esattamente quello. E di più: l'idea che si fa passare è che la Rete sia responsabile di comportamenti negativi o criminali che lì non nascono (mi pare lo dicesse ieri anche Gentiloni).
L'idea che si fa passare è che invece di capire ed educare le prossime generazioni (e anche questa, a dire il vero) sia meglio passare per la via più facile, da tabula rasa: chiudere, condannare, persino censurare in modo preventivo, come faceva balenare ancora una volta il viceministro Romani ieri, in modo francamente ridicolo ( con una frase tipo "non trovo il porno su youtube, vuol dire che attuano censura preventiva, no?").

No, la Rete non è "sotto attacco" come in altri posti, ma dare questo taglio a un dibattito del genere in Parlamento non mi pare affatto una idea sbagliata. Questo incontro sarà stato solo una scossa in un dibattito agli inizi? E va bene, allora scuotiamolo, questo dibattito, no?

Internet is Freedom: Lawrence Lessig alla Camera

La lectio magistralis di Lawrence Lessig alla Camera dei Deputati (voce e slide):

La festa scolastica che non è per tutti

Probabilmente, se ci fosse stato un prom, io non ci sarei andata.
Probabilmente sarei stata di quelle che avrebbe preso in giro tutta la frenesia intorno, la scelta di vestiti improbabili, chi invita chi eccetera.
Probabilmente lo avrei trovato ridicolo ma sarei stata dispostissima ad andarci, se solo quello lì mi avesse invitato.
Quello che so è che persino a sedici anni, e senza essere parta in causa, una storia così mi avrebbe fatto incazzare, pur essendo "solo" il divieto di andare a un prom.
Tutta questa gente piena di paura di nonsisabenecosa, e che magari si riempie la bocca di parole come "dannazione", dovrebbe pensarci, all'eventualità di avere ragione. Metti che l'inferno esista davvero, chissà se si divertirebbero alle feste esclusive.

giovedì, marzo 11, 2010

Note terminologiche sulla società dell'informazione/2

Il concetto di autorità come "avere la prima parola" (non l'ultima) - sempre secondo David Weinberger:
there are some aspects of it that I like. 1 I do think that we are moving away in some areas from thinking that we have to settle issues; we are finding much value in the unsettling of ideas, for that allows for more nuance, more complexity, and more recognition that our ability to know our world is quite limited. 2 And I do think that there is a type of expertise that has value as the first word — think about some of your favorite bloggers who throw an idea out into the world so the world can plumb it for meaning, veracity, and relevance. 3 Finally, I do think that insisting on having the last word — and thus closing the conversation — often will be seen as counter-productive and arrogant.
(qui la prima parte)

lunedì, marzo 08, 2010

I limiti di Rahm Emanuel e quelli della politica as we know it

Ho letto d'un fiato il lunghissimo e bell'articolo del New York Times su Rahm Emanuel e il difficile compito che gli compete. Molti i temi, dal rapporto tra chief of staff e presidente alle difficoltà di governare, in un contesto complesso e tra mille, contrastanti necessità di politica e politiche.

Il fascino di un lavoro, il contrasto, la ruvidità, anche: il racconto vale la pena di essere letto.

Molte sarebbero le cose da dire, e alcune le ha già scritte Francesco qui.
Io mi limito a rimuginare un po' di riflessioni personali e - ma la cosa non è affatto correlata - vado a iniziare "The audacity to win", che è sul comodino già da un po'.

domenica, marzo 07, 2010

Via Riva di Reno, quando c'era il Reno

Ho abitato per anni nei pressi del luogo in cui è stata scattata questa foto e per anni, nei milioni di volte in cui l'ho percorsa, mi sono chiesta com'era via Riva di Reno quando ancora il Reno era visibile.

Grazie a Roberta per avermelo mostrato.
(la foto è del 1955)

martedì, marzo 02, 2010

La blogosfera politica europea: venti consigli di lettura

Per chi fosse interessato a saperne di più di Europa, delle sue istituzioni e anche dell'aspetto "tecnologia e politica" (a me molto caro), segnalo il blog di Julien Frisch, uno dei miei punti di riferimento.

Qualche giorno fa Julien ha pubblicato un post in cui segnala venti donne e relativi blog della "Euro-blogosfera"- un termine orrendo a leggersi, ma, insomma, avete capito di che si tratta: parlamentari, giornaliste, lobbiste, impegnate nella discussione politica a livello europeo, in varie lingue e contesti.
(molto generosamente, è inclusa anche la sottoscritta, ma non fateci troppo caso)

Direi che si tratta di ottime indicazioni, se vi interessa il tema e allargare un po' l'orizzonte delle letture.

Il giornalismo come ecosistema

Il giornalismo come ecosistema in costante cambiamento, nelle parole di Dan Gillmor:

The regular people who capture important videos and pictures — or who blog authortitatively what they’ve seen, etc. etc. etc. — are not journalists. But they have committed acts of journalism, profoundly important acts of journalism. That is their role — or more accurately one of their roles — in the ecosystem, and it’s becoming at least as important as any other role including the one played by the people who do it for a living or for a few freelance dollars.

Just as reporter shield laws (assuming we should have them) should protect journalism, not the people who are accredited or licensed to be journalists, in these awards — and in everyday life — it is the act of journalism we should be celebrating.

Note terminologiche sulla società dell'informazione

Secondo David Weinberger (che così saluta la cosiddetta Società dell'informazione):

Over the past decade, we’ve gone from talking about social circles to social networks. A circle draws a line around us. Networks draw lines among us.

lunedì, marzo 01, 2010

Internet freedom?

Un lungo pezzo di Ethan Zuckerman, a partire da una provocazione:

I strongly believe that we need strong, anonymized and useable censorship circumvention tools. But I also believe that we need lots more than censorship circumvention tools, and I fear that both funders and technologists may overfocus on this one particular aspect of internet freedom at the expense of other avenues. I wonder whether we’re looking closely enough at the fundamental limitations of circumvention as a strategy and asking ourselves what we’re hoping internet freedom will do for users in closed societies.

So here’s a provocation: We can’t circumvent our way around internet censorship.

venerdì, febbraio 26, 2010

Il mago Pidiello per la campagna PD

Apprezzo molto il lavoro di Proforma, agenzia di creativi pugliesi che negli ultimi anni ha firmato anche ottimi lavori in ambito politico (e ho avuto anche la fortuna di conoscere qualcuno che ci lavora o ci ha lavorato).

Non mi è particolarmente piaciuta l'ultima campagna di affissioni realizzata per il PD (anche se, sospetto, la responsabilità non è interamente loro) e, in generale, mediamente preferisco le campagne che hanno fatto in Puglia, rispetto al nazionale.

L'ultimo spot, sempre per il PD, invece, mi ha molto divertito e lo ripropongo qui, chiedendovi un'opinione:



(Un amico, guardandolo ha commentato: "Ci ho creduto, quindi è fatto bene. Forse troppo.")

La condanna a Google - e cercare di capirci qualcosa /2

Dopo il post di ieri, altri contributi per orientarsi meglio, tutti a firma Elvira Berlingieri, una delle persone più esperte nel settore:

Buona lettura.

giovedì, febbraio 25, 2010

La condanna a Google - e cercare di capirci qualcosa

If Italy becomes the venue where online offenses that originate anywhere in the world can be prosecuted, you can begin to imagine how that plays out.

Così Nancy conclude il suo pezzo sulla condanna di alcuni dirigenti di Google per il caso Vividown.
Ma è così? Personalmente, sto leggendo un po' di cose per cercare di orientarmi.

Molto interessante leggere Jeff Jarvis e la discussione nei commenti al suo post (tra gli italiani, Stefano Quintarelli).

Qui anche Google Italia.

mercoledì, febbraio 24, 2010

Quote of the week (Margaret Mead)

Never doubt that a small group of thoughtful, committed citizens can change the world. Indeed, it is the only thing that ever has.

- Margaret Mead, American anthropologist


(via Eurosocialiste)

venerdì, febbraio 19, 2010

mercoledì, febbraio 17, 2010

The Europe roundup: tecnologia e politica in Europa

Da oggi e per tre giorni a settimana, curerò una rubrica sul blog PDF Europe.
Si chiama The Europe roundup e raccoglierà le notizie più interessanti sul fronte tecnologia e politica in Europa.
Spero la troviate interessante e utile... Ovviamente suggerimenti e indicazioni sono bene accette!

N.B. PDF Europe è anche su twitter ;)

lunedì, febbraio 15, 2010

La parodia inglese va veloce

Il partito conservatore inglese non fa in tempo a presentare una nuova campagna per le elezioni di maggio (il suggestivo "Non avevo mai votato per loro, ma...") che quei furboni di MyDavidCameron - già autori di questo - ne fanno una parodia.



I risultati? Questo, ad esempio. E il relativo hashtag #ivenevervotedtory fa già furore su twitter.

(via The New Statesman)


Edit 16/12: Il Guardian nota che modificare i manifesti era talmente facile che forse i conservatori avevano già previsto che sarebbe successo. Nel dubbio, però, pubblica anche i manifesti più riusciti.

GGD Bologna - edizione numero 6


desk, originally uploaded by girlgeekdinnersbologna.

Dopo quasi una settimana in giro, ci sono un sacco di cose da raccontare.
Iniziamo dalla fine, dalla bella serata della GGD Bologna di sabato, dalle tante persone conosciute e sconosciute, dal piacere di rivedere (sempre troppo poco) Linda, Cecilia, Simona, Daniela, Enza e Mariella.

Grazie a tutti, spero vi siate divertiti quanto me.


(qui un po' di foto)

lunedì, febbraio 08, 2010

GGD Bologna #6

Sempre a proposito di appuntamenti, è di nuovo tempo di Girl Geek Dinner!
L'appuntamento è a Bologna per il 13 febbraio e non si poteva che parlare di amore, in Rete e per la Rete! ;)
Il locale che ci ospita si preannuncia elegantissimo, i ricchi premi e cotillons altrettanto, e... non vi siete ancora iscritte?

Io e le altre ragazze del team bolognese vi aspettiamo!!
Ci vediamo sabato sera.

e-participation: esperienze e prospettive (Milano, 10 febbraio)

Mercoledì 10 febbraio sarò a Milano per prendere parte al seminario "e-participation: esperienze e prospettive", secondo di un ciclo di incontri organizzati dal Laboratorio di Informatica Civica dell'università di Milano.


Durante il workshop saranno presentate diverse esperienz.e di e-participation in Italia e all’estero: dalle iniziative di e-participatory budgeting in Brasile alle esperienze di e-participation finlandesi e quelle italiane promosse in Piemonte, Lombardia e Puglia Tra questi, anche Bollenti spiriti, esperienza pugliese che conosco bene e che ha appena concluso un grosso evento di due giorni (e speriamo continui).

Il titolo del mio intervento sarà "Partecipazione e trasparenza: la politica dialoga con i cittadini?" e parlerò dell'argomento anche a partire dall'esperienza del Personal Democracy Forum negli USA e in Europa.


[La partecipazione al workshop è gratuita.
Per iscriversi basta inviare una email a: workshop10febbraio@rcm.inet.it indicando il proprio nome nell’oggetto del messaggio]

giovedì, gennaio 28, 2010

Obama allo State of the Union: we don't quit

Mattia Diletti commenta il discorso di Obama su Aspenia Online.

To tweet or not to tweet (that’s the question for Cameron)

Twitter, "the next best thing", anche nella politica inglese?
Forse.
Durante una conferenza stampa a David Cameron, il leader conservatore inglese, viene chiesto come mai non ha ancora iniziato a utilizzare twitter per comunicare coi suoi numerosi sostenitori, anche considerando il successo degli account di Downing Street e di Sarah Brown, attuale first lady inglese.
Tory Radio (a cui rubo il titolo del post) ha dei dubbi sul fatto che sia una buona idea. Ma, nel dubbio, pubblica l'elenco dei più influenti nella twittersfera conservatrice inglese.

martedì, gennaio 26, 2010

I problemi interpretativi del decreto Romani

Il decreto Romani analizzato da Elvira Berlingieri su Apogeonline (riporto un pezzo qui sotto):

In un contesto europeo dove la televisione via internet è maggiormente diffusa e popolare simili definizioni scongiurerebbero i problemi interpretativi che stiamo per illustrare. In Italia sono stati fatti grossi investimenti per la tecnologia satellitare ma non per la tv via internet, con l’effetto di lasciare l’interprete di fronte alla perplessità di adeguare una disciplina destinata a dettare regole a una realtà di mercato che nel nostro paese non è ancora strutturata, ma che deve essere considerata settore emergente. La questione è quindi capire come e in che misura le regole si applicheranno a un mercato in fieri e se e in quale misura potrebbero influire anche sulla produzione di contenuto audiovisivo user generated in Internet già, invece, esistente.


Vi consiglio di leggerlo tutto e faccio i complimenti a Elvira, sempre brava e puntuale.

giovedì, gennaio 21, 2010

KublaiCamp2010: il 30 gennaio a Roma

Lavorare come community manager di Kublai è stata una delle esperienze più piene e impegnative che abbia fatto fino ad ora. E, anche se nel 2009 non ho collaborato attivamente al progetto, il legame non è venuto meno, proprio perché Kublai non è mai stato "solo" un lavoro.

E allora rieccoci qui, a gennaio al KublaiCamp2010!



L'appuntamento è a Roma, il prossimo 30 gennaio, all'ISA (Istituto Superiori Antincendi - zona Ostiense). Come l'anno scorso, sarà l'occasione per incontrare di persona i membri della community, per approfondire argomenti e per condividere idee.
Ci sarà lo spazio barcamp, ma anche incontri sugli aspetti organizzativi e creativi di un progetto: il programma - cosa più unica che rara - è stato creato dalla community stessa.
E poi, naturalmente, il Kublai Award (date un'occhiata ai sei finalisti)!

Il KublaiCamp, però, non è un evento solo per la community, anzi. Lo scorso anno diversi osservatori "esterni" sono venuti e si sono trovati molto bene: è stato un modo per far incontrare gruppi e approcci diversi e penso che gli effetti siano stati molto positivi (e poi c'è ancora qualcuno che ricorda i dolci siciliani portati da Pico! ;-) ).

Insomma, l'appuntamento per tutti è sabato 30 gennaio, spero di vedervi lì!
(tutte le informazioni utili sono sul wiki)


p.s. Vedete il video qui sopra? é un trailer del KublaiCamp, realizzato dalla bravissima Chantal Dumont a tempo di record. Fatelo girare!!

p.s. 2 Se avete voglia di dare una mano, fatevi avanti.

martedì, gennaio 19, 2010

P.A. 2.0: in Gran Bretagna più fumo che arrosto. Ma occhio alla social innovation...

Il futuro della Pubblica Amministrazione è nella social innovation.

Lo spiega Dominic Campbell, fondatore di FutureGov, una delle più interessanti organizzazioni del settore, nella parte finale di una bella (e critica) intervista, di cui consiglio la lettura:

Most important and interesting of all is how these building blocks can be used to support public service users to make decisions for themselves, working with government to design and deliver public services that better meet the needs of the end user in which the user plays a key role.

Projects such as Southwark Circle, School of Everything and even some FutureGov projects like Enabled by Design that are leading the way in this field, working with or without government to demonstrate how the world could look in a logical progression of web 2.0 and citizen co-production. The idea that government needs to shift to act very much as an enabler of social change and action, not sole public service provider.

This will require a huge shift in mindset with a significant change management challenge ahead. It will require the government to learn to trust the people it is there to serve and work with them to redesign services to be far more co-produced and personalised. This is not about data, not about websites even. It’s about vision, brave leadership, and effective management, creating a government that is willing to prototype new approaches to public service delivery. So not much to ask then! ;-)

Gran Bretagna in campagna elettorale: si riparte dal web

Lo dicevamo a Barcellona, lo scorso novembre: la Gran Bretagna è il prossimo "campo di battaglia" da tenere d'occhio.
Le prossime elezioni politiche si svolgeranno a maggio e, secondo molti, porteranno a un cambio di governo con la vittoria dei conservatori.

Altrettanto interessante, però, è lo scenario che si sta sviluppando tra la crescita della blogosfera politica (anche qui i siti più rilevanti sono conservatori: che sia l'effetto dello stare all'opposizione?) e una serie di esperimenti in campagna elettorale - vedi manifesto "taroccato" qui a fianco - che passano, curiosamente, dalla Rete ai partiti.

Qualche spunto e annotazione li ho scritti oggi su Spindoc: che ne pensate?

lunedì, gennaio 18, 2010

Il rapporto tra politici ed elettori: saltare il blog, puntare al social

Un inedito post in inglese su Spindoc illustra l'intervento che Antonio ha fatto alla conferenza PDF Europe, lo scorso novembre.
La tesi è che, nel creare rapporto coi cittadini, i politici abbiano "saltato il blog" e siano arrivati al social: in pratica, con l'avvento di Facebook e altri social network, i politici e i loro staff utilizzano strumenti che implicano un rapporto più rapido, diretto e - forse - più superficiale, dato il tipo di contenuti che vengono veicolati.

La presentazione è davvero interessante e merita approfondimento e riflessione.
Provo a buttar giù qualche annotazione.

Ricordo che una delle obiezioni fatte ad Antonio durante la conferenza è stata: e quale sarebbe la differenza, in fin dei conti? Non è pur sempre una modalità di comunicazione con i propri elettori?
La risposta che Antonio diede - e che mi trovò molto d'accordo - è che il periodo iniziale di sviluppo della blogosfera, in cui il blog era praticamente uno strumento di comunicazione unico nel suo genere, ha anche permesso la nascita di fiducia e reputazione, basate su quel che si scriveva, sui link, sulla verifica delle fonti. Insomma, qualcosa di progressivo, basato sulla costruzione di un rapporto graduale e di capacità sempre maggiori di orientamento in un contesto sconosciuto e su cui non avevamo parametri.

Mia considerazione finale: Certo, questo non può necessariamente avvenire nel momento in cui leggiamo il blog di un politico, o di un sindaco, o di altre analoghe figure pubbliche: diversi sono obiettivi e punti di partenza.
Tuttavia, fatte le dovute eccezioni, non sarebbe male se si concepisse più spesso la comunicazione (stavo per scrivere "dialogo", ma ho pensato fosse meglio non esagerare) coi cittadini non solo come messaggio - ed eventuale ricezione di commenti - ma come spazio più ampio di argomentazione, con rimando a fonti che non siano il proprio sito, con discussione di fonti diverse dal proprio sito.
Forse un "respiro più ampio" risulterebbe anacronistico?

domenica, gennaio 17, 2010

Ok, ci risiamo


Anche quest'anno è gennaio, anche quest'anno sono uscite le date della prossima edizione di PDF, anche quest'anno inizio a programmare il mio viaggio estivo a New York con mooooolto anticipo.
Le date sono 3 e 4 giugno 2010 e il 5 è prevista una unconference (qui alcuni speaker).

Who's in? ;-)

giovedì, gennaio 14, 2010

Laura, i libri e l'ebook reader

Laura Sicolo, geek veneta, ha partecipato alla Girl geek dinner bolognese dello scorso ottobre e ha vinto il primo premio in palio, piccolo, bianco e leggero: un lettore di ebook.

Sul blog GGD Bologna, Laura racconta i suoi primi mesi col nuovo arrivo tecnologico, in un post carino e pieno di foto.
Buona lettura!