Provo un notevole fastidio verso tutti i discorsi "a favore delle donne", spesso pieni di condiscendenza, molte parole su carta e in Rete e scarsissima disponibilità a farvi seguire i fatti.
Mi ritengo molto fortunata: da quando lavoro ho trovato quasi sempre persone disposte a insegnarmi quando dovevo imparare (e alcune, bontà loro, ancora lo fanno), a valutarmi per le mia capacità, a riconoscere i miei meriti, se lo ritenevano.
Penso che donne e uomini davvero capaci riescano a trovare la loro strada (pure quelli non capaci, ma è un'altra storia), ma so anche che non tutti sono stati fortunati quanto me. E che di porte in faccia, anche ingiustamente, ne abbiano viste molte di più, a volte in modo subdolo o molto squallido.
C'è il merito sì, le cose dovremmo essere tutti in grado di guadagnarcele. Ma non è un caso se ho scritto che mi ritengo "fortunata", pur sapendo di aver lavorato e fatto molta fatica.
Insomma, forse un cambiamento di prospettiva, a volte, non guasta. Ed è per questo che sono particolarmente orgogliosa di aver letto oggi su Techpresident questo editoriale a firma di Andrew Rasiej, uno dei fondatori di Personal Democracy Media.
Ora, si tratta del mio datore di lavoro, quindi non mi dilungherò sulla stima e sulle qualità di Andrew, il suo lavoro parla per lui e così molte altre persone. Ne riporto qui un brano:
You see, when women are minimized, our perspective is narrowed. I am not suggesting we should look to some formula of what constitutes diversity, rather, we should realize that when we minimize women, we then lose out on the priorities and unique approaches that women bring to solving problems throughout the world, digital or otherwise.
My team and I pride ourselves on the fact that we go out of our way to achieve as much gender balance as possible at our Personal Democracy Forum conference which we produce every year. But now I realize that even by that measure, I am personally and professionally falling way short, if I am not seeing the imbalance naturally. This is not OK for me and not OK for our industry. And it is not OK for our now global connected society either.
Nota
Alcuni anni fa ho contribuito a fondare il gruppo delle Girl Geek Dinners a Bologna e sono molto contenta di aver dato e di dare il mio piccolo contributo, quando posso.
Partendo dalla necessità di fare rete e conoscersi tra persone dello stesso settore, le GGD sono riuscite a diventare una realtà che lavora per diffondere la cultura digitale (in modo "sano" e non strumentale) e per creare valore per Bologna. Non potrei essere più fiera di loro.
2 commenti:
Ciao Anto,
Sono fiera anche io di aver dato vita a questo progetto insieme a te...mi ricordo ancora quando a Roma, ne abbiamo parlarto per la prima volta.
Le cose si evolvono e danno i propri frutti, a volte in modo che no avresti mai immaginato.
A volte ci affanniamo tanto e a volte, ti confesso, penso: perchè?...poi trovo risposte come questo tuo post e allora capisco che stiamo seguendo la strada giusta.
Grazie Mille
Linda
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