martedì, luglio 31, 2007

lunedì, luglio 30, 2007

La solitudine, una brutta cosa

Ormai a sentire certe cose nemmeno me la prendo più di tanto (per quanto...).
Certo, però che uno dovrebbe avere almeno il buongusto di non esagerare.
Voglio dire, a leggere questa intervista è venuta voglia anche a me di rispolverare un vecchio slogan di Cuore.
Ma c'è sempre spazio per fare di più, eh:

«Quando ero eurodeputato, stavo da solo tutta la settimana e la solitudine è una cosa molto seria». Per questo, ripete più volte, «la vita del parlamentare è molto dura» e bisognerebbe pensare, propone, all'ipotesi di un ricongiungimento familiare: più soldi a deputati e senatori, quindi, per poter permettere il trasferimento delle loro famiglie a Roma.


A leggere quest'altra intervista la mia indole nonviolenta viene messa a dura prova. Io, semplicemente, ad averlo davanti dovrei fare uno sforzo per non prenderlo a schiaffi, così, senza passare dal via.

Lost e i blog: forme di attenzione e complessità

Jill Walker prende spunto da un post di Jason Mittel sulla complessita narrativa in soap opera e serie tv e fa un interessante parallelo con i blog e la loro dimensione narrativa.

Le due differenze che Jason Mittel sottolinea sono le seguenti:
  • le soap sono trasmesse continuamente mentre le serie tv (Lost viene preso come esempio) hanno un ciclo di 13-24 episodi, al termine dei quali c'è una lunga pausa prima della nuova stagione
  • chi scrive soap dà per scontato che gli spettatori siano contemporaneamente impegnati in altre attività (sul tema c'è anche un saggio di Marina Mizzau, contenuto in questo libro) e quindi da esse distratti. Questo è il motivo della ridondanza delle informazioni sullo svolgimento delle vicende dei personaggi. Programmi come Lost, invece, presuppongono un pubblico costantemente concentrato e che - novità consentita solo in tempi recenti - ha la possibilità di riguardare episodi e sequenze (nonchè di leggerne in Rete)

La conclusione di Jill è che i blog siano più simili alle soap per pubblico e forma di attenzione - sebbene contenuti e arco narrativo siano solitamente molto diversi.


N.B. Già che ci sono, ecco anche il saggio di Jason Mittel: "Narrative complexity in contemporary American television"

I candidati che non vogliono domande dal pubblico

(o anche: "I don't want a President who's presidential" - Patrick Ruffini)


I candidati repubblicani snobbano la Rete?
Parrebbe di sì, a giudicare da come molti di loro si sono tirati indietro all'annuncio del prossimo dibattito CNN/YouTube che li vede (vedrebbe?) protagonisti.

Dal blog TechPresident due dei collaboratori repubblicani spiegano con un video (David All) e un lungo post (Patrick Ruffini) perchè non partecipare sarebbe un grosso errore, anche in virtù del fatto che, contrariamente a quanto di può pensare, YouTube e gli altri social media non sono affatto una prerogativa degli elettori democratici.

Adesso, sul blog di Ron Paul, il candidato repubblicano che ha inaspettatamente ricevuto enorme sostegno dalla Rete, compare la notizia che il dibattito potrebbe essere posticipato. Al momento nessuna conferma dal sito della CNN nè da quello di YouTube.
Certo che se così fosse i candidati repubblicani farebbero una figura ancora peggiore a non presentarsi...


Add: blogger e opinionisti repubblicani hanno lanciato "Save The Debate"
I candidati ascolteranno?

sabato, luglio 28, 2007

Pillole di Washington D.C.


The White House!, originally uploaded by farenheit_81.

Sono stata a Washington.
Non ho detto "Josh Lyman" nemmeno una volta (ehi, è solo una serie tv...giusto?) MA ho avuto la sigla di The West Wing in testa per tutto il weekend.

Washington è carina e piuttosto, hanno sta passione per i memorial di ogni cosa o persona ma pazienza (a parte che il memorial per la guerra in Corea è di una bruttezza sconcertante, a mio parere).

Menzione particolare per il museo dei nativi americani, che non è proprio una cosa che attirerebbe la mia attenzione di solito. Però mi ci hanno portato e devo dire che è ben fatto e organizzato e piuttosto interessante nel suo genere.

Ah, no, il presidente Bartlet non l'ho visto. Uffa.
(già, ok, era una serie tv, ma uffa lo stesso)

venerdì, luglio 27, 2007

CNN/YouTube debate: i protagonisti della serata. No, non quelli, gli altri.

I pupazzi di neve che fanno domande ai candidati alla presidenza degli USA non sono l'unica novità del dibattito CNN/YouTube dello scorso 23 luglio.
Su SpinDoc ho provato a fare una sintesi del bel lavoro che OffTheBus ha fatto intervistando gli utenti di YouTube autori delle domande scelte.

Dice bene Paolo Ferrandi, il formato del dibattito è ancora televisivo - nonchè deciso dalla televisione: è stata la CNN a scegliere i video andati in onda, infatti.
Babysteps, si dice da queste parti...




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mercoledì, luglio 25, 2007

TechPresident goes video

Dopo aver seguito il dibattito CNN/YouTube, TechPresident prova a parlare del dibattito con un proprio video.
Josh Levy come host e alcuni dei contributor di TechPresident in collegamento commentano con le loro prime impressioni. Altri video seguiranno, pare. Li aspetto su una più lunga distanza.




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martedì, luglio 24, 2007

Il dibattito elettorale su CNN e YouTube

Da queste parti si è guardato il dibattito elettorale tra i candidati del partito democratico in vista delle elezioni 2008 - qui il transcript.
Nel frattempo si son fatte due chiacchiere con Antonio Sofi che ha già scritto le sue impressioni a caldo su SpinDoc.


Il dibattito, tenutosi a Charleston (South Carolina) era interessante non solo in sè, ma anche (e forse soprattutto) per la modalità: questo è infatti il primo nato grazie alla collaborazione tra CNN e YouTube. Gli utenti hanno potuto postare su YouTube le proprie domande ai candidati. La CNN ha selezionato i video e le domande sono state poste ai candidati che hanno risposto entro certi limiti di tempo (il presentatore, Anderson Cooper, ha cercato di mantenere tutti on topic e tutti si sono rivelati sufficientemente "disciplinati").
Il NYT ha fatto live blogging del dibattito così come Jeff Jarvis (su PrezVid), a cui però il dibattito non è piaciuto affatto.

Le mie impressioni in ordine sparso:
1. l'idea e la collaborazione CNN/YouTube: concettualmente è una cosa che va sotto il termine tecnico di "figata". Che i blogger americani siano critici perchè a certe cose si abituano in fretta va bene. Che da noi ci si possa eventualmente lamentare perchè la nostra politica prende la deriva di quella statunitense va bene lo stesso: si sa che da oltreoceano prendiamo tendenzialmente le fesserie e le cose spettacolari.
Però CNN e YouTube che fanno questa cosa...bello, bello, abisso con tutto il resto. Figata, appunto.
Ri-però - recuperando il senso critico - resta che le domande le abbia scelte la CNN. Non che io sia proprio sicura che a farle votare dagli utenti saremmo andati necessariamente meglio ma valeva la pena fare un tentativo almeno parziale (sì, i MSM si spaventano).

2. il format: in teoria funziona. Dal lato di chi fa le domande, di sicuro.
Per quanto riguarda le risposte, in pratica il fatto che ci siano otto candidati (e tempi giustamente limitati) limita la possibilità di approfondire gli argomenti. Quindi di dire cose che abbiano sostanza.
Insomma c'è buona possibilità di capire l'impatto comunicativo dei candidati, la loro capacità di stare sul palco e di affrontare domande impreviste e la loro posizione sui temi in questione. A grandi linee. Se fossi un'elettrice statunitense e volessi conoscere meglio i candidati e farmene un'idea...uhm, mah...

3. le domande: beh, sta a voi valutare. Video ben fatti e originali in molti casi. Domande efficaci, alcune carine ma poco pragmatiche, alcune che prestavano il fianco alla risposta buonista. Bella, ma non sfruttata molto bene, la possibilità del follow-up: alcuni degli utenti che avevano fatto le domande erano in studio e sono stati interpellati da Anderson Cooper sull'effettiva efficacia della risposta ricevuta.

4. il merito:
- Obama: mi ha piuttosto deluso. Il decantato carisma funziona nei comizi ma non nelle domande dirette dei dibattiti, pare...insomma Maureen Dowd ha ragione a chiamarlo Obambi...
- Clinton: precisa, seria, decisa. Ha esperienza da vendere, comunicativa e politica. Impatto notevole, decisamente la più efficace - e ho il sospetto che sia una furbona.
Anche se quando si va un po' sulla sostanza resta sul vago, forse per mancanza di tempo. O forse perchè su questioni chiave come, Iraq e sanità universale, ha delle risposte non proprio popolarissime, almeno in un dibattito da "gente comune" come questo voleva essere.
- Edwards: meno incisivo di quanto avrebbe dovuto essere, considerato che il ruolo da outsider rispetto ai primi due lo porta - intelligentemente, per quel poco che ci capisco - a tentare il sorpasso a sinistra. Quindi porta avanti l'agenda politica su temi come povertà e sanità universale (a onor del vero lo fa dall'inizio della campagna) e, leggo sui giornali, in qualche modo costringe gli altri a parlarne.
Parte della sua strategia sta quindi in un atteggiamento più deciso ed "aggressivo". Niente a che vedere con le risse nostrane, sia perchè diversi sono i toni, sia perchè la parte non gli riesce proprio benissimo, dato l'aspetto di bravo ragazzo dal capello perfetto e un poco wannabe-Kennedy (uhm, Bob Kennedy, mi sa).

4. quel qualcosa in più: i video da 30 secondi di ogni candidato. Il migliore? "Hair", il video di John Edwards, simpatico e autoironico (una delle cose per cui viene più spesso attaccato è un taglio di capelli costato 400 dollari).




E se non bastasse: le impressioni di Chris Cillizza sul Washington Post, quelle di Micah Sifry su TechPesident, che ha anche segnalato i punti chiave del confronto grazie a Spencer Overton (che sempre e comunque siano benedetti quelli di TechPresident).

L'esperimento si ripeterà il prossimo 17 settembre a St. Petersburg (Florida) quando andrà di scena l'analogo dibattito repubblicano.



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sabato, luglio 21, 2007

Puzzled

A volte sarebbe consolante sapere che c'è un cammino tracciato e che lo si sta seguendo, a volte sarebbe perfino consolante sapere che qualcuno ha deciso per te (ed è strano perchè solitamente è un'idea che mi provoca ribellione istintiva) e che tanto non puoi fare scelte sbagliate.
Insomma, alla fine non è un vero desiderio, però magari aiuterebbe a districarsi quando una serie di eventi incomprensibili si verificano in successione.
Nemmeno buoni o cattivi, eh.
Semplicemente improbabili.

Divulgazione - reloaded

So bene che è la cosa meno estiva di cui potrei scrivere e che non si presta a letture e conversazioni in periodi di caldo acuto (per quello che sento dall'Italia; qui a New York si sta discretamente, climaticamente parlando).
Stasera mi è finito sotto gli occhi un bel post-spunto di Francesca sulla divulgazione.
Avevo risposto a suo tempo (chiamata in causa nel post, tra l'altro! :D) e non avevo poi visto che anche Alberto aveva detto la sua.
In questo periodo non mi riesce benissimo articolare certi concetti ma ho comunque cercato di chiarire un punto su cui non ero stata precisa.
Spero che a Francesca non dispiaccia se riporto qui i commenti, nella speranza che qualcuno passi e li legga e dica la sua o che almeno ci pensi un pochino.
Male che vada me lo terrò come appunto e ritirerò fuori l'argomento a mente (e clima) freddo.


  1. svaroschi Dice:

    Divulgazione, divulgazione…l’argomento mi interessa molto, lo sai..

    Mi lasciano sempre piuttosto perplessa coloro che pensano di poter parlare di divulgazione ïn “generale”, senza confrontarsi con il cosiddetto elemtno umano, i cosiddetti destinatari (l’oggetto della divulgazione ha ovviamente il suo peso anch’esso).
    Il discorso che si puó fare per chi ha alfabetizzazione informatica é certamente diverso da quello che si potrebbe fare per chi non ce l’ha, per dirne una. E della tecnologia non tutti vedono utilitá immediata perché non tutti hanno le stesse esigenze (e non tutti ci lavorano).

    Allora il punto di partenza sono sempre le persone e i loro bisogni.

    …e ora dove va la palla? :-)

  2. alberto d'ottavi Dice:

    svaroschi, sai che tocchi un tasto estremamente delicato? potremmo a ben guardare essere al centro di un dibattito storico. cercando però di evitare implicanze politiche, mi limito a una provocazione: ti sembra logico se dico che il tuo approccio ci porta - all’estremo - a comprendere anche certe manifestazioni della tv generalista? se i “bisogni” sono, per esempio, “avere una voce che tiene compagnia”, allora nel tuo discorso ricade il grande fratello. è certamente “cultura”, no?

    fuor di metafora, credo il tema della divulgazione posto da Francesca molto delicato, e lo descriverei come “ricerca di un punto d’equilibrio” tra opposti estremi - le punte avanzate della ricerca da una parte, le basi formative e il linguaggio di lettori / ascoltatori dall’altro

    è un continuum lungo il quale ognuno sceglie la propria posizione, ma, per chi vuole fare divulgazione professionale (in ambito educativo, formativo, giornalistico o altro), non credo ci si possa “appiattire” su nessuno di questi due estremi.

    per esempio, i quotidiani oggi scelgono di parlare di politica in modo iper-specialistico, con un linguaggio stratificato, pieno di riferimenti incrociati (al politico, al suo concorrente, ad altril poteri, ad altri giornali). parlano di moda o sport con il linguaggio diretto e rilassato di chi si pone da pari a pari, di chi condivide un certo background, e di tecnologia, invece, come se si rivolgessero a degli stupidi, credendo di semplificare e in realtà banalizzando

    ogni scelta è lecita, non c’è “giusto” e “sbagliato”. a me, personalmente, non piace. nel caso specifico perché credo che oggi i lettori siano più esperti in tecnologia dei giornalisti che ne scrivono, e quindi così facendo il giornale fa un cattivo servizio e brutta figura

    in generale, invece, perché non credo che la missione della divulgazione sia consegnare al lettore un prelavorato eccessivamente semplice, una “pappa fatta” pronta da “digerire”

    al contrario, credo che la divulgazione, e in particolar modo quella tecnologica così importante di questi temi, debba sempre dare indicazione al lettore di quali siano le reali prospettive, di quanta conoscenza ci sia ancora da sviluppare, di quanto alta sia la “sbarra” da saltare. di quanto importante sia la sfida

    tecnicamente (nel senso della tecnica giornalistica / di divulgazione) non è niente di diverso dalla struttura classica di un paper scientifico. qualsiasi lavoro accademico ha un 25% di riepilogo delle premesse e di analisi del contesto attuale, un 25% di materiali e metodi, un 25% sui risultati e il restante di riepilogo e prospettive avanzate

    cambiando il necessario, siamo di nuovo alle 5 W - who, what, why, where, when - del miglior giornalismo anglosassone

    altra cosa, poi, e altrettanto tecnica, è l’ovvia necessità di cambiare forma / stile a seconda dell’audience

    ma tornando al piano generale, io sono contrario all’idea che, se ci si rivolge ai “meno esperti”, si debbano dire cose banali. al contrario, bisogna trovare un linguaggio adatto per veicolare comunque contenuti di qualità, e “sfidarli” così a migliorare. un grande esempio di successo è focus, con le sue +300.000 copie

    credo quindi che la miglior divulgazione nasca dall’unione di due eccellenze: quella relativa al campo di argomenti di cui si parla e quella relativa al media / linguaggio utilizzato. e non dalla rinuncia ad alcuna, o parte, di esse

  3. Ahem, Alberto, tu tocchi dei punti giustissimi e credo di essere stata troppo poco precisa nelle mie considerazioni iniziali.
    Non intendevo parlare infatti di “appiattirsi” sulla massa o di comunicare cose banali a chi non è sufficientemente “alfabetizzato” (in qualunque campo), assolutamente lungi da me.
    Intendevo riferirmi al fatto che troppo spesso chi fa divulgazione tecnologica generica (la vogliamo chiamare “di massa”? non so, l’importante è che ci capiamo, eh), quando non si appiattisce, appunto, dà per scontato di parlare a persone che abbiano un livello di conoscenza superiore e - soprattutto - una motivazione maggiore di quella che hanno. E poi magari non si spiega perchè certe cose non destino interesse o ne venga colto solo un aspetto spettacolare.

    Facendo un parallelo è come dire: magari si può pensare che i reality facciano schifo e siano stupidi, ma non si può ignorare che esistano e attirino molta gente. Se si parla di tv di intrattenimento e non se ne tiene conto perchè nella nostra testa non dovrebbero esistere, perchè li giudichiamo negativi…beh, non possiamo poi meravigliarci se la nostra analisi di un fenomeno non risulterà corretta e se le nostre previsioni saranno sbagliate.
    Per fare un ulteriore esempio è un po’ come far partire un bel progetto senza studiare prima il contesto in cui lo si vuole realizzare.

    Il punto che volevo esprimere è un pochino più chiaro, adesso?
    (uhm, non è che ne sia proprio sicura, a dire il vero)

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venerdì, luglio 20, 2007

Aspettando Harry Potter...in musica

Stasera birra ad Astoria, al Beer Garden, dove abbiamo assistito al concerto di una delle band ispirate al mondo di Harry Potter, su cui avevo letto un articolo giorni fa.
Pare che le loro canzoni facciano riferimento alle vicende di HP o comunque al mondo che J.K. Rowling gli ha costruito attorno.
Pare ci siano alcuni gruppi piuttosto conosciuti che sono arrivatie addiritura al quarto album. Di sicuro questi avevano un nutrito gruppo di fan che era sotto il palco, conosceva le canzoni, ondeggiava con le mani in aria e tutto il resto.
Roba a metà tra la teen-band e il britpop, in un paio di momenti buoni sembravano i Pulp di una volta. O forse mi confondo perchè il cantante dei Pulp ha cantato nello scorso film di Harry Potter. Vabbè, insomma, non erano male da sentire come sottofondo nel contesto hamburger-patatine-birratedesca-tavoloniallaperto. E poi c'erano alcuni fan vestiti con abiti ispirati a HP. Che esce tra pochissime ore nell'ultimo volume. Che io comprerò prima della partenza e leggerò durante il viaggio di ritorno. Che sarà tra poco più di due settimane. Che passeranno a velocità folle. (Che al mercato mio padre comprò - ok, la smetto)

Per la cronaca ho deliziato tutti con il mio trattato "perchè Harry Potter mica si può liquidare come libro per bambini" e con la relazione "teoria e tecniche della traduzione di HP: da Fudge a Caramell e altre storie". Nessuna delle mie amiche ha mai letto uno dei libri ma credo siano ragionevolmente contente che la saga volga al termine, dopo questa serata.

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giovedì, luglio 19, 2007

Learn the subway way!

Cose che ho imparato dalla mia frequentazione continuata con la metropolitana di New York

- sopportare gli sbalzi di temperatura: l'aria condizionata nelle carrozze della metropolitana va dalla modalità "freddo semplice" alla modaità "polar bear" passando per la modalità "bora di Trieste". Il che vuol dire andare in giro in pieno luglio in canottiera ma con una giacca in borsa. Ovviamente l'ambiente interno delle stazioni della metropolitana è caldo che nemmeno una fornace. Il concetto di escursione termica? Beh, sì, l'avevo studiato anni fa ma, che dire, una rinfrescata farà pure bene. Urgh, ho detto "rinfrescata". Ecco, quello mi sa che non ricordo bene cosa significa. Sigh.

- spirito di osservazione: il gioco da attesa della metropolitana è "aguzza la vista e scova il topo". C'è sempre un vincitore. Per dire di quanti topi ci sono sulle rotaie dove corre la metro. Diciamo che ho imparato anche a non farci caso, finchè sono lì sotto. Ho come il sospetto che avrei altre reazioni se li vedessi sul mio stesso livello di strada.

- equilibrio: specie nelle ore di punta la quantità di gente è inverosimile. Quindi bisogna cercare di entrare nella carrozza appiattendosi e facendo perno su punti insoliti del corpo tipo il gomito e la testa, o il tallone e la spalla. Il coefficiente di difficoltà aumenta se avete i tacchi. O anche se cercate di leggere un libro o un giornale - cosa che molti fanno, dato che, per bene che vada, il tragitto dura almeno 20-30 minuti. Io ormai sono piuttosto abile e riesco a leggere anche saggi in lingua spostando il baricentro più volte tra una fermata e l'altra. Dovrebbero fare dei campionati, di questa cosa.

- ad avere pazienza. Perchè se esci di sera e torni dopo mezzanotte, specie nei weekend, ci puoi mettere anche un'ora e mezza per tragitti che normalmente durano la metà - la metropolitana è meno frequente, infatti. Specie poi se capiti a New York nell'estate in cui ci sono lavori in corso piú o meno su tutte le linee esistenti l'unica alternativa é il travaso di bile quotidiano. O la crisi di nervi. Insomma, l'attitudine alla pazienza sembra la scelta più sana, mi sa.

martedì, luglio 17, 2007

Cartoline da New York / Brooklyn Botanical Garden


Yellow flowers..., originally uploaded by farenheit_81.

Il Brooklyn Botanic Garden si trova a Brooklyn, vicino a Prospect Park.
Vale la visita per la quantità e varietà di fiori e piante, incluse diverse serre dove sono stati ricostruiti il clima tropicale, quello del deserto ecc.
Secondo loro, almeno. Io non ho notato sta grossa differenza di temperature e il fatto che in ogni serra ci fosse un ventilatore non aiutava la causa, a mio parere (ma io sono ignorantissima in materia).
E anche: secondo me certe piante andrebbero più curate, specie le rose dell'omonimo giardino, davvero bello.

Un'altra cosa che apprezzo sempre molto nei parchi e musei di New York è la presenza di programmi specifici per bambini, modi sempre belli e originali per avvicinarli all'argomento in questione.

Mia nota personale: la domenica mattina l'ingresso è gratuito fino alle 12. Io sono arrivata alle 12 precise (anzi, un paio di minuti prima, ero dall'altro lato della strada aspettando che il semaforo diventasse verde) e il bigliettaio voleva farmi pagare. Ho sfoderato gli occhi più sgranati che potevo e ho detto "Seriously!?". Il bigliettaio si è spaventato e ha detto di chiedere alla guardia se potevo entrare. La guardia mi ha fatto notare che era mezzogiorno preciso. "Beh, appunto, andiamo, un po' di elasticità, se il semaforo fosse stato verde ce l'avrei fatta" ho commentato (in inglese) mentre una coppia con pargolo arrivata in quel momento guardava interrogativa - e con lo stesso problema.
La guardia pareva irremovibile e quindi ho fatto quello che chiunque si fosse sobbarcato un'ora e mezza di metro di domenica mattina avrebbe fatto logicamente: ho sorriso e ho girato andando verso l'uscita.
Tempo dieci secondi e la guardia mi ha richiamato facendo entrare gratis me e la coppia con pargolo che già si apprestava a pagare e che mi ha guardato di sottecchi piuttosto soddisfatta.

Elasticità mentale, dude, l'ho detto.


...ah, e qui tutte le foto.

Cartoline da New York / Le ragazze del Coyote Ugly


Una ragazza del Coyote Ugly, originally uploaded by farenheit_81.

Mai visto il film "Le ragazze del Coyote Ugly"?
Trattasi di un film di qualche anno fa che in teoria ha una trama, mentre in pratica si sintetizza nella frase "supergnocche ballano sul bancone del bar che gestiscono e fanno sbavare gli avventori".
Ora, pare che l'ispirazione venga da un locale realmente esistente a New York, nell'East Village (ma ha sedi anche in altre città, ho letto).
Nella profonda casualità che contraddistingue i miei giri per New York ci sono capitata qualche sera fa, mentre andavo a prendere la metropolitana.
Piuttosto incuriositi (ero con due amiche e un amico) siamo entrati e...beh, sì, ci sono della bariste notevoli che ballano sui tavoli e fanno sbavare gli avventori. Che non sono giovani professionisti usciti dal lavoro, ma gente piuttosto normale, anzi tipi a volte piuttosto trucidi e parecchio educati. Sarà che son troppo concentrati sulle bariste...

Noi comunque non abbiamo avuto problemi di sorta e anzi, ci siamo divertite parecchio a osservare le reazioni dei signori e, soprattutto, a scoprire che ci sono ragazze che concludono le loro feste di addio al nubilato al Coyote Ugly ballando sul bancone e ricevendo extraannaffiate di tequila.
"E se fingessimo una festa di addio al nubilato un giorno di questi?" ha detto quella di noi che è contraria al matrimonio. ;)


Note finali: il posto è piccolo e risente un po' della mancanza di finestre. Verso il centro però c'è il circolo dell'aria quindi si sta bene. Ah, la birra costa poco! :D


N.B. riesco a suscitare reazioni materne anche nelle ragazze del Coyote Ugly, non ho speranze, temo...


Cartoline da New York / East Harlem


Alla fiera del graffito..., originally uploaded by farenheit_81.

giovedì, luglio 12, 2007

Assignment Zero su Wired

Assignment Zero, l'esperimento di giornalismo collaborativo (tra giornalisti e blogger, uh!!!) è stato completato e i suoi risultati pubblicati su Wired.
Dopo aver seguito il progetto e averne chiacchierato con David Cohn (che ha curato il distributed reporting), ne ho scritto su Apogeonline. Spero di essere stata chiara abbastanza nello spiegare lo svolgimento di tutto e spero vi piaccia leggerlo così come a me è piaciuto scriverlo.

lunedì, luglio 09, 2007

08/07/07

Spesso e volentieri, a maggior ragione da quando sono qui, mi viene in mente che potrei scrivere delle cose e alla fine non lo faccio o perchè mi sembrano sconclusionate o troppo personali/introspettive o perchè il tempo è poco e le cose troppe e la concentrazioni richiede che attenui almeno un poco il mio consueto multitasking selvaggio.
E allora oggi invece voglio provare a metterle insieme queste sensazioni sconnesse, magari solo perchè la giornata è stata bella e l'ho trascorsa con delle persone con cui sto bene, forse perchè andare a sentire musica jazz la domenica sera sta diventando una bella abitudine che mi mancherà da matti.

Stasera spiegavo a un amico alcune cose della mia esperienza col blog e tutto quello che c'è intorno e, circoscrivendo il discorso al versante personale, di quanto mi abbia arricchito e fatto conoscere persone, mondi.
E, in qualche modo, mi permetta di guardarmi e permetta a chi mi conosce di guardarmi, anche a distanza, riconoscendomi. Una delle cose che mi hanno fatto più piacere è stata sentirmi dire da persone che frequento quotidianamente che leggendomi sembrava di sentire la mia voce, che ero io, a frammenti.

E quindi voglio tenerla qui, questa serata normale e speciale, di testa tra le nuvole, di musei, Central Park, del concerto jazz a Brooklyn, delle chiacchierate che sembrano infinite, delle cose straordinarie che sembrano abitudine.
Magari solo per egoismo, solo perchè magari tra un po' riguarderò queste cose che ho scritto e vorrò vederla a parole, la sensazione di tornare a casa contenta, senza la minima idea di che ore siano (nemmeno troppo tardi, a dirla tutta), a pensare che sto facendo le cose che volevo a modo mio e quelle altre cose che non vanno come io le avevo in mente - non son sicura ma è quasi meglio così...

I pregiudizi cinematografici al tempo del giovane cinefilo

L'idea dei pregiudizi cinematografici l'ho sempre trovata geniale e ormai l'appuntamento è fisso.: ogni giovedì il sor Kekkoz riesce a farmi ridere come una scema, a volte anche all'improvviso, non importa in quale luogo mi trovi. E già un ringraziamento ci vorrebbe, perchè di gente che fa ridere di cuore c'è bisogno sempre (poi, certo, voi non lo conoscete, il sor Kekkoz e nemmeno lo avete mai visto portare una cravatta con gli ippopotami quindi potete capire fino a un certo punto - e siete pure meno fortunati).

Allora, a questo giro una doverosa citazione per il non abbastanza apprezzato "pregiudizio" del film The reef - quasi mi sento in colpa ad averlo letto in ritardo:


The reef - Amici per le pinne è un film la cui stessa esistenza alza notevolmente la voglia che un essere umano può avere di vedere qualunque altro film, persino Catacombs, oppure, che so, abbassa la voglia che un essere umano può avere di vivere in un pianeta dove esce un film come The reef. Che è il titolo inglese: negli USA si chiama Shark Bait, in Corea (che coproduce alla cieca) si chiama Pi's Story.
Lo fanno per confondervi.
Per ottenebrarvi le menti.
Perché voi non vi rendiate conto che questo è, fin dalla locandina (ma vi invito a vedere il trailer, io ci ho pianto sopra una notte intera, non riesco nemmeno a ridere di una cosa così spaventosa, perché è SPAVENTOSA) un plagione spudorato e tristerrimo di almeno tre noti film d'animazione, che chiameremo per comodità x, y e z, e che in realtà non citeremo più. Sulla locandina c'è scritto "Sull'onda di x e y". Ahah. Sull'onda! Ah! Ma cielo, ci avete presi per una massa di deficienti? Viene voglia di appostarsi fuori dalla sala, armati, e sparare a raffica su tutte le mamme rincoglionite che portano i loro figli rincoglioniti a vedere questa spazzatura.
Doppia la versione originale il fidanzato portoricano e fascistello che ha il pelo di trombarsi Buffy tutte le notti, per capirci, uno il cui padre si è sparato in testa quand'era piccolo e lui ha scritto e interpretato una sitcom su quanto cazzo era bella la sua famigliola di portoricani fascistelli. Da noi le voci le fa tutte Tonino Accolla, sembra.


Ecco, ora lo sapete, il giovedi c'è questo servizio socialmente utile. Enjoy!

domenica, luglio 08, 2007

City Island (at last!)

Domenica scorsa siamo andati a City Island, tra l'altro uno dei posti consigliati da Suz (la frase esatta è "Non ti darò pace finchè non l'avrai visitata"...ognuno ha i tour operator che si merita!).
L'isoletta è al largo del Bronx ed è piccola piccola, in tre quarti d'ora la si attraversa a piedi per il lungo.
Il posto è tranquillo, pieno di ristorantini e negozietti "a tema marittimo". Popolazione sull'anziano andante, molti alloggiano nel grazioso B&B in stile vittoriano.
In realtà, a parte l'atmosfera rilassata non c'è molto da vedere, anche perchè le spiagge sono private e l'edificio dove si trovava il museo navale (pare fosse molto interessante) è stato comprato da un privato e adibito ad abitazione. Del contenuto del museo si sono perse le tracce. Mah!

Arrivando all'estremità più lontana (da cui è scattata la foto) oltre al paesaggio si può andare a mangiare pesce in uno dei ristoranti nei pressi. O, se siete way più informali e non vi spaventate dell'unto, nel megaposto da "esperienza americana": tavoloni, pesce fritto in ogni forma e in quantità abnormi...e un sacco di gente, al solito!

In ogni caso vale la visita, anche per la vista da entrambi i lati dell'isola...sarà che mi fisso sui contrasti estremi di questo posto, ma l'idea che ci sia un posto del genere a New York, a un quarto d'ora dal Bronx, è per me molto affascinante.

Ufficio passaporti (sic!)

"Buongiorno. Devo ritirare il mio passaporto, quando posso fissare un appuntamento?"
"Signora, non è necessario fissare un appuntamento, può venire direttamente in consolato per ritirarlo"
"Bene, quando devo venire?"
"Tutti i giorni, tranne il mercoledi, dalle 9 alle 12.30"
"Signorina...ma...io lavoro, non posso venire proprio tutti i giorni in consolato!"
(sospiro)
(inspirare)
(espirare)
"No, signora, non deve venire ogni giorno in consolato..."


[ma perchè? perchè?]

martedì, luglio 03, 2007

Is it all about the money? (o anche: il fundraising è importante anche se non è "cool")

Quando si parla di campagne elettorali online sembra che che esistano solo YouTube e MySpace.
Però Barack Obama raccoglie 32 milioni di dollari in 3 mesi (e Hillary Clinton 21 milioni) e nessuno parla di come la Rete stia creando nuove possibilità anche nella raccolta di finanziamenti "dal basso".
E alla fine della fiera siamo proprio sicuri che il prossimo presidente USA sarà quello con più “amici” su MySpace?
Voto finale a parte, il fundraising è per ora l'unico modo concreto per valutare l'impatto di una campagna, pare, e forse meriterebbe più spazio, dico io su SpinDoc.

lunedì, luglio 02, 2007

La foto della domenica


Ah, the gift of happiness
Originally uploaded by farenheit_81.

Foto scattata domenica scorsa, all'International House of Pancakes - un posto con questo nome non poteva che aspettarsi la mia visita!!