lunedì, dicembre 30, 2013

Nella lista degli innovatori - e rilanciare nel 2014

Il 2013 si chiude con un riconoscimento inatteso: far parte della lista dei 100 innovatori italiani che Riccardo Luna ha stilato per Che Futuro.

Condivido la posizione 69 - un vero onore - con Carola Frediani, che nelle ultime settimane ha iniziato a collaborare con me e con la redazione di Techpresident.

La lista è ricchissima, ma mi va di segnalare alcune persone che conosco meglio, amici, persone di cui conosco il lavoro e per cui ho molta, molta stima.
Persone che dovreste conoscere, insomma:

  • Ernesto Belisario e Guido Scorza (77), campioni dell'innovazione... a norma di legge (non fatevi ingannare da giacca e cravatta: è solo un surrogato moderno dell'armatura)
  • Michele D'Alena e Annibale D'Elia (97), due avanguardie dell'innovazione nella P.A., rispettivamente nella "mia" Bologna e in Puglia, la mia regione. Due amici, due persone belle, limpide e piene di energia
  • Alberto Cottica (70), un mentore, con cui ho avuto il privilegio di lavorare e dal cui approccio mi sono fatta entusiasmare - una cosa che non può non succedere quando lo conosci
  • il team di OpenRicostruzione (26), una delle esperienze virtuose che dovrebbero essere più conosciute in Italia e che è un piacere raccontare all'estero


Ci sono molte altre persone e storie che conosco, da Seble Woldeghirghis (58) a Maurizio Napolitano (71), da Rebecca Zamperini (5) a Federico Bastiani e la social street (21).

Ma ce ne sono molte altre, in quella lista, di cui non so nulla.
Il mio proposito per il nuovo anno è quello di leggerle e conoscerle meglio.
E di mettere in pista un paio di progetti a cui sto lavorando in questi mesi.

Riparto da qui: dal sole, dalla testa sgombra di pensieri e da un foglio bianco.

Buon 2014!

lunedì, dicembre 16, 2013

Ostaggio del(l'urlo) più forte

Nell'ultima settimana mi è successo per tre volte.

La prima è stata quando mia madre mi ha raccontato che, nella mia città natale, i “Forconi” avevano minacciato gli impiegati di una banca di ripercussioni se non avessero chiuso la filiale e sospeso le attività (spaventando ovviamente i presenti, inclusa un'anziana signora che si è sentita male).

La seconda è stata il 12 dicembre, a Milano, quando durante la commemorazione di piazza Fontana, un gruppo di persone, prevalentemente giovani, ha iniziato a urlare, contestando Maroni, “i fascisti” e altre cose che non ho ben capito.
Potevano aspettare che terminasse il momento di silenzio, invece no, hanno dovuto urlare, creando qualche scaramuccia verbale, nulla di più, per fortuna.
Per la prima volta mi sono sorpresa a pensarla come a una violenza.

Dopo sono rimasta ancora un po' mentre la piazza si svuotava lentamente. C'era una signora che mi ha detto che viene a piazza Fontana ogni 12 dicembre, da 25 anni. Per anni ha buttato giù il dispiacere e la rabbia di vedere gli amministratori leghisti e di destra alla commemorazione, ma questa è stata la prima volta che non ha potuto avere silenzio per le vittime.
Poteva avere l'età di mia madre e aveva quasi le lacrime agli occhi mentre lo diceva.

Infine è successo oggi, quando una mia amica mi ha raccontato di essere stata investita su una strada pedonale da un uomo in bicicletta, in una zona centralissima di Roma.
Ora, voi la mia amica non la conoscete, ma è la persona più educata e deliziosa che ci si possa immaginare (insomma, non come me – che probabilmente gli avrei dato del cretino) e quindi si è limitata a dirgli che non è modo di fare.
Sentendosi rispondere "stai zitta, sporca troia" e venendo spinta tanto forte da finire per terra. 


Per tre volte in una settimana mi sono sentita ostaggio.
Ostaggio di chi urla più forte, di chi spinge, di chi minaccia. Di chi pensa che la sua rabbia, la sua frustrazione vadano affermate subito e comunque, di chi deve dire “io, io” – magari pensando di dire “noi”, a volte, ma senza nessuna intenzione di ascoltare gli altri che fanno (farebbero?) parte di quel noi.

Mi sono sentita ostaggio nel Paese in cui vivo – e non mi era mai successo.
Anzi, peggio ancora, mi sono sentita ostaggio delle persone che con me vivono in questo paese. E non è un giudizio di valore, non so se quelle persone avevano istanze giuste nei casi specifici (nel caso della mia amica lo so: ciclista, se ti becco ti corco).

So che mi sembra sempre più che la scelta fatta da tanti sia di non pensare a lungo termine, di non pensare non solo al futuro, ma anche solo a domani. C'è solo l'oggi, la rabbia, lo sfogo, il gridare “io, io”.

Questa settimana, per la prima volta, per un solo momento, ho avuto paura.

venerdì, novembre 22, 2013

Aaron Swartz, i cittadini attivi e gli strumenti per la collettività

Effective citizens are multifaceted and multitalented. They recognize that there are many paths towards social change and that we might have to walk multiple paths simultaneously. 
The most effective citizens have a more complete toolbelt than most of us have – they understand that they may need different techniques at different points in their struggle, sometimes building businesses, other times building popular social movements.
Nel giorno in cui avrebbe compiuto 27 anni, Ethan Zuckerman ha ricordato Aaron Swartz, il programmatore e attivista che si è tolto la vita nel gennaio scorso.

E lo ha fatto parlando anche dei cittadini attivi, degli strumenti e della capacità che mettono al servizio della collettività. Da leggere.

giovedì, novembre 21, 2013

Bosnia: un censimento che riaccende divisioni etniche



In una nazione il censimento può dare un'immagine di come quel paese sta cambiando.

In Bosnia, però, può diventare anche un'occasione per parlare dell'identità di un Paese, specie se è il primo che si svolge dopo il 1991.

Un'iniziativa di monitoraggio civico del censimento ha mostrato che il tema dell'etnia è ancora una questione molto controversa - una complessità che le istituzioni non sembrano voler riconoscere.

Ne ho scritto su Techpresident, dopo alcuni giorni e interviste a Sarajevo (dove ho partecipato al Community Boostr camp) - ed è un articolo a cui tengo molto.

lunedì, settembre 30, 2013

Diplohack: risolvere problemi incrociando le reti

Photo by Juan Tan Kwon (CC BY-NC-ND 2.0)
Metti in una stanza un diplomatico, uno sviluppatore e un operatore di una ong, falli lavorare su un tema concreto e... cosa ottieni?

Lo spiega un interessante pezzo di Wired UK:

The two questions -- "How can creative collaboration in the arts enhance freedom of speech and tolerance?" and "How can open data and technology improve sustainability in the food supply chain?" -- were not designed to give life to concrete ideas that would result in app development. The point was the process. What happens when you stick individuals from totally different backgrounds, skillsets and agendas in the same room to hash out an idea.

Aprire le reti, aggregare competenze, creare nuovi processi.
Un esperimento da provare. Per ora lo hanno fatto le ambasciate di Svezia e Olanda.
Who's next?

sabato, agosto 31, 2013

Why our webs are rarely world wide (and what we can do about it)

In attesa dell'inizio ufficiale delle attività (la scuola non comincia a settembre, in fondo?) e mentre si preparano progetti e novità, recupero un po' di interventi interessanti.

Questo è quello di Ethan Zuckerman, direttore del Center for Civic Media del MIT, a capo delle ricerche del MIT Media Lab e co-fondatore di Global Voices.

Una riflessione su come vediamo la Rete, cosa manca e come vedere un mondo un po' più grande di quello a cui siamo abituati. Sono 14 minuti ben spesi.




mercoledì, luglio 17, 2013

Le cose cambiano (e cominciamo a cambiarle)



Da qualche tempo collaboro con Le Cose Cambiano, progetto per combattere il bullismo omofobico, creato dall'associazione Girls and Boys e dalla casa editrice ISBN Edizioni.

Le Cose Cambiano nasce da It Gets Better Project, nato nel 2010 per iniziativa dello scrittore Dan Savage e di suo marito Terry Miller, dopo alcuni suicidi di adolescenti vittime di bullismo perché gay.
It Gets Better è iniziato così, con un video della coppia che parlava di quanto era stato difficile superare l'adolescenza, ma che, soprattutto, condivideva i momenti belli della vita insieme per dimostrare che le cose cambiano, migliorano. Da lì, l'iniziativa si è diffusa, moltissimi video sono arrivati, inclusi quelli di personaggi famosi, anche non appartenenti alla comunità LGBT.

Alcune tra queste sono diventate un libro, It Gets Better: Coming Out, Overcoming Bullying, and Creating a Life Worth Living", realizzato raccogliendo alcuni tra i messaggi di persone comuni e celebrità, da Obama a Ellen DeGeneres, da Michael Cunningham a Hillary Clinton.
A settembre ISBN pubblica l'edizione italiana del libro - tradotta (e ne sono assai contenta) dalla sottoscritta - che conterrà anche diverse testimonianze tra quelle arrivate al sito di Le Cose Cambiano.

Da parte mia, cerco di dare un piccolo contributo anche scrivendo alcuni post per il blog del sito: è una specie di piccola rubrica che si chiama Cose dell'altro mondo e che raccoglie notizie provenienti dall'estero.
Si tratta di un percorso lungo e difficile, ma che va fatto, da tutti e per tutti. Per tanti motivi che possono suonare retorici - e il cinismo si porta sin troppo - ma, volendo sintetizzare, perché sono diritti, perché è assurdo che le persone abbiano paura per quello che sono.

[sto per sbracare? Forse. E allora, già che ci siamo, grazie a Linda e a Chiara, che mi permettono di fare la mia piccola parte]


martedì, luglio 16, 2013

Cittadini e istituzioni - riflessioni post State of the Net

Foto di Alessio Jacona (CC BY-NC-SA 2.0)

È come cercare di far comunicare due persone di diversa nazionalità che non conoscono l’una la lingua dell’altra. Come qualche esperienza in un Paese straniero può farci ricordare, però, la volontà di comunicare in qualche modo riesce a farci ottenere qualche informazione utile, almeno. Ma solo se il nostro interlocutore vuole comunicare con noi. 
Questa precondizione mi sembra mancare nella maggior parte dei casi e credo sia il primo passo da fare: le istituzioni non sono abituate a comunicare coi cittadini, sono abituate a controllare le informazioni e a non condividerle. D’altro canto i cittadini, spesso esasperati per vari motivi, usano i nuovi canali per sfogare la frustrazione, più che per dialogare e partecipare, rendendo difficile il lavoro anche a chi lavora bene e cerca di spiegare l’azione pubblica. 
Una comunicazione efficace comincia col reciproco ascolto. Per poi trovare un linguaggio comune.

Lucio Bragagnolo mi ha intervistato per Apogeonline su State of the Net: abbiamo parlato della comunicazione tra cittadini e istituzioni, di accesso all'informazione e della creazione di una cultura della partecipazione.
Per me è stata una buona occasione di ripensare alla conferenza e, in particolare, alla mia sessione su politica e cittadinanza, di cui elenco gli interventi qui di seguito.



Ed è una buona occasione anche per recuperare tutti gli altri interventi e panel della migliore conferenza italiana su questi temi.
Per essere pronti all'edizione 2014, chiaramente.

domenica, luglio 14, 2013

Comunicazione, questione di strategia - lezioni da Alastair Campbell


Viene da chiedersi: se i comunicatori sono bravi a comunicare, com’è possibile che la comunicazione abbia una reputazione così drammatica? La risposta, dal mio punto di vista, è che i comunicatori non sono poi così bravi, ma anche perché i veri spin doctor, nel mondo d’oggi, sono i giornalisti, quelli della tv, i blogger, e tutti loro vogliono far credere ai propri lettori di possedere il monopolio della verità, e in modo più o meno sottile suggeriscono di ignorare chiunque altro: i politici, i loro portavoce, le aziende e i loro consulenti, gli stati e i loro “brand manager”. 

 Ci sarebbe da commentare e citare molto dell'intervento di Alastair Campbell al Centre for Corporate Public Affairs di Melbourne di cui oggi Europa pubblica alcuni estratti.

A prescindere dall'opinione su Blair e Clinton (e non dovrei precisarlo, ma tant'è), questo intervento spiega alcune cose fondamentali sulla comunicazione politica e sulla sua quasi totale assenza nel nostro Paese.
Ma anche sui vari fraintendimenti a riguardo: che la comunicazione possa farla chiunque, che i media vadano inseguiti, che il dialogo che la politica ha con giornali e tv possa essere semplicemente trasposto sui social media, che "la gente non capisce".
Di recente ho lavorato con un leader politico che mi ha chiesto: «Come faccio a fare la cosa giusta rimanendo popolare?». Gli ho risposto: «Fai la cosa giusta». Ma la fai all’interno di una chiara cornice strategica, ti confronti costantemente col pubblico, metti in piedi sistemi di coordinamento che funzionano, in modo che col tempo il tuo messaggio arrivi al bersaglio, col tempo i tuoi cambiamenti siano compresi, col tempo la gente diventi più ragionevole nei suoi giudizi. Quello che fai è più importante di quello che dici, ma come lo dici può aiutarti se stai facendo la cosa giusta.

Oggi, in un contesto mediatico rapidamente cambiato e ancora in mutazione, forse il più grosso fraintendimento sulla comunicazione politica oggi è che si tratti di forma rispetto alla sostanza delle cose fatte e da fare.
Dimenticando, come giustamente scrive Francesco Cundari, che i problemi di comunicazione non sono mai problemi di comunicazione.


martedì, giugno 25, 2013

[Stasera a Bologna] Se la democrazia è debole, a cosa serve la Rete?

Democrazia debole, partecipazione, Rete: sono alcune parole chiave dell'incontro a cui parteciperò stasera a Bologna, organizzato da RENA.

Michele D'Alena mi ha invitato a parlare di come si ripensano la partecipazione e le istituzioni al tempo dei media sociali, in un momento di sfiducia e indignazione dei cittadini verso politici e amministratori pubblici (nonché dei media tradizionali) senza precedenti, ma anche di grande energia e voglia di cambiamento, spesso confuso.

"Il risultato è inevitabilmente contraddittorio, un magma che include superficialità e paranoia, ma anche molti cittadini salutarmente critici, desiderosi di accedere alle fonti, di ripensare con la propria testa questioni fondamentali, come testimoniano i forum online di tutta Europa", così scrive Juan Carlos De Martin, in un post molto interessante di un paio di mesi fa. Per coincidenza, sia io che Michele lo abbiamo preso come punto di partenza della nostra riflessione.

Ecco alcuni degli elementi da cui parte Juan Carlos:
1. Crisi di legittimità: i partiti politici sono l'istituzione più odiata - e non hanno finora reagito in maniera adeguata)
2. Partitocrazia: alla massima sfiducia verso i partiti corrisponde un potere enorme, un "vero e proprio monopolio della vita pubblica". Questo crea ulteriore rabbia e frustrazione, a maggior ragione in questo particolare momento storico.
3. Globalizzazione: JC scrive che la globalizzazione "a partire dagli anni '70 ha progressivamente ridotto la capacità delle democrazie di controllare l'economia. Anzi, la globalizzazione ha portato a un'influenza sempre maggiore dell'economia sulla politica, provocando, oltre al resto, un generalizzato aumento delle diseguaglianze". Anche questo è un elemento che la crisi accentua profondamente.

Che ruolo hanno i media sociali nel dialogo (spesso cercato, a volte solo esibito) tra cittadini e politici?

Le strade che vengono indicate vanno dalla democrazia diretta vagheggiata da Casaleggio, a nuove (piatta)forme di collaborazione tra i cittadini e i loro rappresentanti.
Si parla molto di Liquid Feedback, usato dal Partito Pirata tedesco: pochissimi giorni fa Laura Puppato e una quindicina di parlamentari hanno lanciato TuParlamento.it, spazio partecipativo che tenta di creare un legame tra proposte dei cittadini e lavoro degli eletti in Parlamento.
Si parla dell'attesa, ma non ancora disponibile, piattaforma del Movimento 5 Stelle e del loro prossimo progetto di Parlamento Elettronico nella regione Lazio (ne parla sull'Espresso Fabio Chiusi). E all'estero si sperimentano altre forme "ibride" di collaborazione, come il francese Parlement et Citoyens, che ha l'obiettivo di far collaborare le due parti nella stesura di disegni di legge.

"I partiti, dunque, per riprendere l'iniziativa e affrontare la loro crisi di legittimità dovrebbero avviare una stagione costituente rivolta innanzitutto a loro stessi, con riflessioni incentrate, da una parte, sulla democrazia debole in tutti i suoi aspetti, e, dall'altra parte, sulla Rete sia come strumento abilitante sia come fattore di cambiamento antropologico di molti cittadini" conclude De Martin.

Come cambia la partecipazione politica e civica dei cittadini in un contesto del genere?

E, a margine: siamo sicuri di sapere ancora distinguere la differenza tra partecipazione e frustrazione? Credo che questo sia un elemento fondamentale - e preliminare, in qualche modo - da fare quando si riflette su questi temi.

A stasera!

lunedì, giugno 17, 2013

In difesa dei diritti in Rete (che sono diritti, punto)

MEP Marietje Schaake - PDF France 

Penso sia raro incontrare persone preparate, competenti e motivate come Marietje Schaake, europarlamentare europea, che si occupa di diritti umani, Rete ed economia digitale.
Ne prendo atto ogni volta che ascolto i suoi interventi, ultimo dei quali quello di giovedì scorso a PDF France.
Qui un brano di un suo recente editoriale sui temi di cui si occupa, alla luce delle ultime rivelazioni su PRISM e la NSA.

Digital freedoms and fundamental rights need to be enforced, and not eroded in the face of vulnerabilities, attacks, and repression. In order to do so, essential and difficult questions on the implementation of the rule of law, historically place-bound by jurisdiction rooted in the nation-state, in the context of a globally connected world, need to be addressed. This is a matter for the EU as a global player, and should involve all of society.
The good news is that we don’t need ‘cyber democracy’ to guarantee ‘cyber security’. In most cases the foundations for resilience are already in our existing laws and regulations. Technologies are an essential part of our daily lives, businesses, education, cultural experiences and political engagement. As a result, resilience and defense need to be integrated and mainstreamed to strengthen both freedom and security.
Qui il testo completo dell'editoriale, intitolato "In defense of digital freedom".



sabato, maggio 04, 2013

Mi si è ristretto il FOIA e altre storie aka Dai diritti non si torna indietro

American Redaction - Truthout.org (CC BY-NC-SA 2.0)
L'ho scritto ieri sul sito di Diritto Di Sapere e lo ha ricordato Guido ieri sera alla serata dei Pionieri del Progetto Rena (dove DDS è stato tra i dieci vincitori!): quando si parla di diritti bisogna stare attenti a non tornare indietro, oltre che a guardare avanti.

In questo momento non ho tempo e modo di affrontare nel merito le recenti questioni italiane sulla Rete - parlano in tanti, se non posso farlo bene, preferisco non farlo affatto. Una cosa, però, voglio dirla, a margine (e relativamente nel merito): noto che sempre di più su questi temi si lavora sempre meno per fare cultura e sempre più spesso per creare delle categorie pseudomanichee di buoni e cattivi, perché è sempre più facile puntare il dito e basta, mettendosi implicitamente nella categoria "ho ragione io" - che è persino meglio di quella dei buoni.

Ho letto pochissime cose analitiche e costruttive, anche da coloro che si sono sentiti "investiti" del compito di mettere in chiaro la questione originata dall'intervista di Laura Boldrini a Repubblica. E la verità è che, se manca quello, beh, perderemo.

Perderemo perché ora le leggi in teoria ci sono e in pratica spesso non vengono applicate.
Perderemo perché oggi le leggi a volte arrivano a regolamentare qualcosa che già esiste o a garantire diritti in contesti in cui la società è più avanti del legislatore (e ovviamente parlo di molti diritti, non solo quelli relativi alla Rete), ma in cui senza il legislatore non può davvero avanzare.

Perderemo se non capiamo che le leggi sono un tassello e la cultura è il puzzle.
Perderemo se non guarderemo più il puzzle e la figura che compone.
Perderemo se continueremo a fissare e fissarci su un pezzo, quello che magari conosciamo anche, e che per questo - a torto - pensiamo in qualche modo di possedere.


(e sì, la mia prof. di filosofia me lo diceva sempre, di lavorare sul dono della sintesi)


sabato, aprile 20, 2013

Facebook e la comunicazione politica: un libro (mio)

Da ieri è online (e in vendita) "Facebook e la comunicazione politica", il mio secondo libro.

Ho cercato di mettere insieme un'analisi degli strumenti, sfatare falsi miti e segnalare possibili problemi della comunicazione politica fatta su Facebook.
Quella che tutti fanno pensando che tanto "basta avere un account su Facebook" - e dimenticando che per un personaggio pubblico, e un politico a maggior ragione, le cose funzionano un po' diversamente.
Quella che in molti pensano stia cambiando le sorti della politica, e non è proprio così - quando lo fa, è per motivi molto diversi da quelli che ci si immagina.

Il libro è pubblicato da  in "Sushi", la nuova collana di ebook di Apogeo Editore, ed è disponibile su AmazoniBooks e sul sito della Feltrinelli.
Sul sito di Sushi c'è anche un forum su cui discutere dei temi legati al libro.
Se lo leggete, fatemi sapere cosa ne pensate.

[E, certo, leggetelo!]

PDF France: il 13 giugno a Parigi


Sono aperte le iscrizioni al Personal Democracy Forum France, che si svolgerà a Parigi il 13 giugno 2013.
Si tratta del terzo evento che Personal Democracy Media organizza in Francia, dopo quelli del dicembre 2011 e dicembre 2012.

Si parlerà di pubblica amministrazione e cittadini, di open data, di piattaforme collaborative e innovazione sociale.

L'evento è gratuito e si svolge all'interno del festival Future en Seine.
Si terrà principalmente in francese, ma con alcuni eventi in inglese (incluso quello di uno speaker italiano).

mercoledì, aprile 17, 2013

Quando la TV parla della Rete: Anonymous in The Good Wife

Per chi si occupa di Rete e tecnologia e dell'impatto che hanno sulla società (come facciamo a Techpresident), spesso la più grande difficoltà è far capire che i cambiamenti che stanno producendo in questi anni non riguardano solo "gli smanettoni", i nerd, i giovani o qualunque categoria che serve a indicare "altro da sé" - insomma, cose che non ci riguardano.
Al contrario, questi cambiamenti riguardano potenzialmente tutti, proprio perché non sono prodotti da mirabolanti invenzioni da scienziati, ma semplicemente da come le persone scelgono di usare strumenti piuttosto semplici e che fanno parte della nostra quotidianità.

Anonymous in The Good Wife (da Softpedia)

Da questo punto di vista (e al netto da ogni considerazione in ottica televisiva: sono una semplice spettatrice) mi fa quindi piacere vedere una serie come The Good Wife - che negli USA viene trasmessa da uno dei tre principali network televisivi - stia parlando di questi temi, restando sulla stretta attualità ma contestualizzando le discussioni rispetto agli argomenti di cui la serie, ambientata in tribunali e studi legali, si occupa.

Ne parla meglio la mia collega Miranda Neubauer, partendo dalla più recente puntata della serie, andata in onda domenica scorsa, e che si occupa anche di Anonymous e Aaron Swartz.
Ecco un brano su Swartz:
Main character Alicia Florrick, played by Julianna Margulies, finds out about the setback when she is about to meet with another client of the firm, Dylan Stack, an information rights lawyer.[...] 
As they discuss the ins and outs of their cases, their dialogue turns to Swartz: STACK: "Speaking of idealism ... do you know who Aaron Swartz is?" 
FLORRICK: "The computer activist, who died ..."
STACK: "The computer activist who committed suicide after an unrelenting campaign from federal prosecutors to imprison him."
FLORRICK: "Of course."
STACK: "In his memory, I'm attempting to organize a class action against prosecutorial overcharging."
Stack wants Lockhart Gardner to join the class action, but Alicia notes her partners are skeptical of getting involved in "causes for causes' sake."
Più avanti nella puntata Anonymous cerca di aiutare a modo proprio la protagonista, impegnata in un caso molto delicato:
Anonymous members begin to try more directly to help, and eventually emerge in the courtroom, wearing masks and yelling, "Justice for Rainey Selwyn." They then go public with a typical over-the-top Anonymous-style online accusation video linking that case with footage of protests and violence around the world. The video includes the incriminating footage from earlier, criticizes the judge for rejecting the evidence, and reveals the home addresses of the defendant and his friend. 
Anonymous in una puntata di The Good Wife (CBS Publicity)

L'intervento di Anonymous viene presentato in modo problematico, senza giudizi preventivi, con la difficoltà di "comprensione tecnica" (oltre che etica) proprio da parte della protagonista, che spesso la serie mostra in difficoltà rispetto alla tecnologia - con tanto di figlio che le fornisce le spiegazioni del caso.
Si potrà dire che certe cose vengano semplificate e velocizzate ma il punto, forse, è proprio quello: affrontare l'attualità "avvicinandola" a contesti quotidiani, senza l'analisi profonda e articolata di chi se ne occupa quotidianamente, ma con uno sguardo "laico" e che si interroga, forse per questo già più onesto di chi esprime giudizi roboanti in un senso o nell'altro, spesso più per posizioni prese che non in seguito ad analisi.

Ancora una volta: non si tratta *in alcun modo* di considerazioni "televisive".
The Good Wife è collocato in una posizione di punta dalla CBS (il network che lo trasmette), domenica alle 21. Viene visto tra i 9 e i 10 milioni di spettatori. Da una rapida ricerca mi pare che la puntata in questione abbia avuto i dati di ascolto più alti tra le puntate della quarta stagione.
Non stiamo parlando di tv generalista come la intendiamo noi, né è possibile fare paralleli con la tv italiana.

La mia impressione, però, è che alcune puntate di The Good Wife possano essere un altro (piccolo, parziale) passo per affrontare certi temi da una prospettiva differente ed "esterna". Magari anche per comprendere la vastità delle implicazioni che certi temi hanno e avranno per tutti. No, non solo per quell'indistinto - e inesistente - "popolo della Rete".



The Saudi Marathon Man

“If you want to know who we are, what America is, how we respond to evil—that’s it. Selflessly. Compassionately. Unafraid,” President Obama said. That was mostly true on Monday; a terrible day, when an eight-year-old boy was killed, his sister maimed, two others dead, and many more in critical condition. And yet, when there was so much to fear that we were so brave about, there was panic about a wounded man barely out of his teens who needed help. We get so close to all that Obama described. What’s missing? Is it humility?
The Saudi Marathon Man, The New Yorker

mercoledì, marzo 20, 2013

Appunti su Future Perfect / 3 Brickstarter, i contribuenti finanziano lo sviluppo locale

Brickstarter
Ancora appunti da Future Perfect (qui le parti uno e due).

Brickstarter nasce in Finlandia ed è una piattaforma che consente di trasformare idee in progetti concreti, idee legate allo sviluppo di iniziative locali. Qui una piccola introduzione.
Ecco cosa ne scrive Johnson:
A peer network builds tools that let a peer network of neighbors identify problems or unmet needs in a community, while other networks propose and fund solutions to them. 
Why isn’t that a model that could productively supplement, if not partially replace, the existing democratic forms that govern most communities, in the developed world at least? Some might object that such a system would favor wealthier communities over poorer ones: the empty lots would get converted into gleaming playgrounds in the neighborhoods with the time and money to contribute to Brickstarter; but they’d remain eyesores in the neighborhoods that were living hand to mouth. But the money you're donating to Brickstarter doesn't have to be spare change you have lying around in your bank account. 
Imagine, instead, that the money comes in the form of actual tax dollars.

Cosa succederebbe se potessimo, da contribuenti, finanziare in modo specifico (e cioè con parte delle nostre tasse) la creazione di un piccolo parco nel quartiere, in quello spazio che da anni rimane di fatto un parcheggio perché non ci sono soldi?

Il rischio è quello di una maggiore confusione nel rapporto con le istituzioni: i cittadini che cercano di imporre i propri temi e problemi potrebbero portare a uno scenario di critica costante, tirando da una parte e dall'altra una "coperta" economica sempre troppo corta, e senza avere la visione di sistema degli amministratori pubblici. In più, appunto, si potrebbero ulteriori disuguaglianze tra quartieri ricchi e quartieri poveri.
Ma questo tipo di coinvolgimento anche economico (in inglese c'è un modo di dire: "put your money where your mouth is") potrebbe anche risultare più genuino o portare a una partecipazione più strutturata e costante.

C'è molto da riflettere (e sì, non siamo la Finlandia), ma è possibile che da questo nasca un modello per una governance istituzionale nuova - e magari un po' più partecipata)?

lunedì, marzo 18, 2013

State of the Net 2013. Tema: la complessità.

State of the Net 2012
State of the Net torna il 31 maggio e 1 giugno, sempre a Trieste: le iscrizioni sono aperte! E il tema guida di cui c'è davvero bisogno nelle analisi di quello che ci circonda e dei numerosi cambiamenti che stiamo vivendo: la complessità.

Dal post di Beniamino, Paolo e Sergio:
Mentre internet ci permette ogni giorno di più di disintermediare le relazioni e abbattere i costi di transazione, le grandi organizzazioni del nostro tempo tendono al contrario a complicare sempre più il modo in cui operano e interagiscono con le persone. [...]
E, tuttavia, come si concilia l’esigenza di inseguire scenari di lungo periodo in un mondo che costringe a inseguire continui cambiamenti negli strumenti, nei metodi e nelle pratiche? Come adegueremo i nostri sistemi di pensiero, di produzione e di mercato in un’epoca che sembra non conoscere più la stabilità e ci sottopone a un’evoluzione sempre più rapida?

La complessità nei principali settori della vita e dell’economia costituirà dunque il filo conduttore lungo il quale si articolerà il programma della conferenza di quest’anno. Parleremo di aziende, di informazione, di politica, di musica. Parleremo naturalmente anche di crisi e di quali energie e specialità può mettere in campo l’Italia, posti i ritardi e le reticenze ben conosciute a livello internazionale, per tracciare una via d’uscita inedita e tutta sua dalle paludi del declino.

Ci vediamo a Trieste!

sabato, marzo 16, 2013

Discorso di insediamento

Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremmo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri.

Laura Boldrini, presidente della Camera 

venerdì, marzo 08, 2013

Appunti da Future Perfect /2: ripensare le istituzioni

Da whitehouse.gov 
Ripensare le strutture delle istituzioni: non una via di mezzo, ma un nuovo paradigma.

Da Future Perfect:
Living strictly by peer-progressive values means rethinking the fundamental structures of some of the most revered institutions of modern life; it means going back to the drawing board to think about how private companies and democracies are structured. 
It is, as the political writer Micah Sifry likes to say, not a matter of finding a middle ground between Left and Right, but rather finding a way forward. This is why it is so important that these principles not be confused with simple Internet utopianism. There’s nothing radical in taking an existing institution and putting it on the Internet: that's a job for an IT department, not a political upheaval. 
What peer progressives want to see is fundamental change in the social architecture of those institutions, not just a web strategy. 

Chi lo ha capito dalle nostre parti?

(qui la parte 1 degli appunti)

mercoledì, febbraio 20, 2013

Un'idea da 10 dollari in una frase da 5 centesimi

Clarence Thomas, giudice della Corte Suprema USA, sul perché le sentenze (e, aggiungo io, le leggi) dovrebbero essere comprensibili e accessibili ai cittadini.
What I tell my law clerks is that we write these so that they are accessible to regular people. That doesn't mean that there's no law in it. But there are simple ways to put important things in language that's accessible. As I say to them, the beauty, the genius is not to write a 5 cent idea in a ten dollar sentence. It's to put a ten dollar idea in a 5 cent sentence.
That's beauty. That's editing. That's writing.

mercoledì, febbraio 06, 2013

PDF Poland-CEE (Storify)

PDF Poland-CEE, un nuovo mondo.
Qui lo Storify della giornata della conferenza

giovedì, gennaio 24, 2013

Storie da PDF Poland: Emin Milli e le rivolte in Azerbaijan

Fino a pochi giorni fa non sapevo chi fosse Emin Milli, scrittore e dissidente azero (qui la pagina Wikipedia). Ho letto di lui e della sua storia perché sarà uno degli speaker di PDF Poland.



Ieri Emin ha iniziato a raccontare di disordini alla residenza del governatore di Ismayilli, nel nord dell'Azerbaijan. Questo è il penultimo messaggio che ha scritto ieri.
Proprio mentre scrivo questo post, Emin ha ripreso a scrivere.



Molte novità sul fronte orientale: PDF Poland-CEE


Da queste parti lavora su vari fronti e uno di questo è quello orientale: il primo weekend di febbraio, infatti, Personal Democracy Media organizza PDF Poland-CEE, la prima conferenza dedicata a Centro ed Est Europa (in collaborazione con la Fundacja ePaństwo): l'appuntamento è a Varsavia per l'1-2 febbraio per due giorni dedicati, rispettivamente, a conferenza e unconference.

Gli speaker sono molti, provenienti da vari Paesi dell'Europa dell'est e dei Balcani.
Tanti saranno gli approfondimenti, in particolare su trasparenza e lotta alla corruzione, temi su cui c'è enorme attività e fermento in quella parte d'Europa, così come da noi: sarà interessante vedere come si sta lavorando e in che direzione va il rapporto tra istituzioni e cittadini (sarà presente anche il ministro della Giustizia.

Che altro? L'ingresso è gratuito e ci si registra qui.
Ci vediamo a Varsavia.

P.S. Per le "cose digitali": #PDFpoland

martedì, gennaio 22, 2013

"Imperativi morali"

Of course we would all like to "believe" in something, like to assuage our private guilts in public causes, like to lose our tiresome selves; like, perhaps, to transform the white flag of defeat at home into the brave white banner of battle away from home. And of course it is all right to do that; that is how, immemorially, thing have gotten done. But I think it is all right only so long as we do not delude ourselves about what we are doing, and why. 
It is all right only so long as we remember that all the ad hoc committees, all the picket lines, all the brave signatures in The New York Times, all the tools of agitprop straight across the spectrum, do not confer upon anyone any ipso facto virtue. It is all right only so long as we recognize that the end may or may not be expedient, may or may not be a good idea, but in any case has nothing to do with "morality." 
Because when we start deceiving ourselves into thinking not that we want something or need something, not that it is a pragmatic necessity for us to have it, but that it is a moral imperative that we have it, then is when we join the fashionable madmen, and then is when the thin whine of hysteria is heard in the land, and then is when we are in bad trouble. And I suspect we are already there.

Joan Didion, On Morality, 1965


lunedì, gennaio 21, 2013

"Reality check" per il Partito Pirata in Germania

Foto: Skolem (CC BY-SA 2.0)
Le elezioni nello stato tedesco Niedersachsen - Bassa Sassonia in italiano (ma lo stato è nel nord della Germania) - hanno portato non solo una sconfitta del premier Merkel, ma anche del Partito Pirata (edit: 1,9% secondo i risultati più aggiornati), che proprio in Germania ha ottenuto i migliori risultati nel corso degli ultimi due anni, dal 9% nel Parlamento berlinese in poi.

Nell'ultimo anno si è parlato molto del loro approccio ai temi del digitale, del loro salto di qualità quando hanno deciso di creare un programma che coprisse tutti i temi, del loro lavoro da parlamentari a confronto con la politica tradizionale. Oggi lo Spiegel definisce questo risultato elettorale "reality check" : a quanto pare, i Pirati non si aspettavano un simile risultato

Cosa è successo ai pirati tedeschi?
Ecco l'analisi di Jon Worth su Techpresident:
Views about the Pirates' predicament vary. Markus Beckedahl, a prominent net politics activist who writes about civil liberties and online privacy on his widely read Netzpolitik blog, believes that part of the problem lies with the poor quality of the members of parliament the Pirates have brought in and the limited impact they have had since their election. A second problem is that the party airs all its dirty laundry in public, something that traditional parties keep away from the prying eyes of the press.
Ma con le elezioni nazionali a fine 2013 qual è la strada da percorrere per i Pirati per sperare di raggiungere il 5% ed entrare nel Parlamento nazionale?
Ancora dallo Spiegel:
National party boss Bernd Schlömer [...] would like to see the party abandon its "issues instead of faces" motto, which focuses on platforms rather than politicians and instead put the party's best and brightest in the spotlight. The question is whether the party base -- and voters -- will remain patient enough to go along with him.
Insomma, imparare dai propri errori e cercare di capire cosa prendere della politica professionale. Perché, archiviato il fattore novità, i Pirati ormai giocano nel campo "dei grandi".
Gli scontenti sono ancora molti, ma l'essere dilettanti della politica ha smesso di essere un valore.
Un'utile indicazione anche per il Movimento 5 Stelle?


mercoledì, gennaio 16, 2013

Legal Leaks: il primo manuale per l'accesso all'informazione



La missione è stata bieca, con sprazzi di estremo pericolo... scherzi a parte, ci sono voluti tempo, impegno e il lavoro di persone con diverse competenze, ma finalmente Diritto Di Sapere ha realizzato l'edizione italiana di Legal Leaks, il primo manuale sull’accesso all’informazione dedicato a cittadini e giornalisti.
L’edizione italiana è scaricabile qui.

Si tratta di una parziale traduzione (con consistente adattamento all'Italia) di un manuale sull'accesso già realizzato da Access Info, Ong che da anni lavora su questo tema.
Abbiamo cercato di scrivere e tradurre in modo da avere un testo  scritto in maniera semplice e che rispondesse alle domande più immediate.  Ci sono anche riferimenti alla legislazione e strumenti di approfondimento, grazie al lavoro di Ernesto Belisario e Luca Bolognini per la parte legale.
Un grosso ringraziamento va anche a Lorenzo Rabaioli sul fronte tecnico.

Ecco i prossimi passi di Diritto Di Sapere: in questi giorni ci saranno workshop a Milano e Roma per ONG, giornalisti e altri professionisti dell'informazione, poi uno studio sui risultati del monitoraggio.
E presto lo racconteremo.


martedì, gennaio 15, 2013

"Global Readings" su Techpresident

 Dalla settimana scorsa la sezione WeGov di Techpresident si è arricchita di una raccolta di consigli di lettura sui temi di cui ci occupiamo quotidianamente, curata da me, Lisa Goldman e Julia Wetherell.

Il tema della scorsa settimana è stato Repression: dalla Cina che cerca di eliminare l'anonimato degli utenti al governo dello Zambia che minaccia giornalisti d'inchiesta un'accusa di alto tradimento (in Zambia si rischia la pena di morte), questo tema ha sempre troppi esempi di cui si dovrebbe parlare. Il prossimo appuntamento è domani - le segnalazioni sono gradite!

venerdì, gennaio 11, 2013

Appunti da Future perfect /1: Kickstarter e i peer networks

Sto leggendo Future Perfect di Steven B. Johnson in maniera un po' strana, rimettendo insieme pezzi e idee che avevo sparso su foglietti e file word.
Li metto qui, forse altrettanto disordinatamente.

Le statistiche di Kickstarter nel 2012
Su Kickstarter:
At last count, 48 percent of Kickstarter projects do not reach their funding goal, and thus raise zero dollars. This is, as they say, a feature, not a bug.   
All of which sounds like market mechanism in precisely the mode that Hayek described: the consumers collectively weeding out the bad ideas through the magic of paying for things.

 Certi meccanismi però non funzionano altrettanto bene in altri contesti:

To date, the most prominent examples of network architectures influencing real world change have been the decentralized protest movements that have emerged in the past few years: MoveOn, Arab Spring, the Spanish Revolution, Occupy Wall Street. These movements have been fascinating to watch and [...] they have succeeded brilliantly at expressing a popular dissatisfaction with the status quo, building awareness for a particular injustice, and on occasioni raising money. But they have all proved to be somewhat disappointing at actually proposing new solutions and making those solutions reality. [...]
Could it be that peer networks won't perform as well outside the grounds of Web 2.0 technology?