sabato, dicembre 30, 2006

La mappa della blogosfera - scienza a coscienza

"Quando si cerca di descrivere cosa sia esattamente un blog, si perde di vista quello che davvero ci interessa. Il blog non è altro che un insieme di forze che aggregano informazioni e gettano ponti."


La mappa della blogosfera non è la mappa della blogosfera.
Cioè può esserlo.
Cioè può averne la forma.

...ma allora?!


1. Approcci vagamente scientifici: la metodologia della ricerca sociale...
Ci sono due aspetti "scientifico-metodologici" della questione.
Intanto, intuitivamente, la mappa non corrisponde a tutta la blogosfera, così come indica Tony: i blog esaminati sono 2326 e basta pensare ai blog di Splinder per sapere che sono di più (poi ci sono gli altri, figuriamoci).

L'articolo pubblicato su Nova* ci dice quanti sono i blog, i link presi in esame, che si parte da un nucleo di un certo numero di blog (una cinquantina). Poi, se non ricordo male, c'è un passaggio dell'articolo in cui si dice che è "un campione rappresentativo della blogosfera italiana". Ora, stando ai miei ricordi dell'esame di Metodologia della ricerca sociale (che mi ha tolto la gioia di vivere per qualche mese, ma è indubbiamente utile in certi contesti - l'esame, non la perdita della gioia di vivere), questo non si può effettivamente definire "campione rappresentativo".

Quando si fa un campionamento ci sono un paio di incognite da considerare: il parametro oggetto di stima e la rappresentatività del campione. Il campione rappresentativo è quello in cui il parametro stimato coincide con quello vero della popolazione (per amore di precisione - e di noia - rimando alle pagine dove si parla di campionamento probabilistico e di campionamento non probabilistico).



2....ma anche no (e cioè, magari, la scienza delle reti)
Il presupposto di origine dell'analisi è importante: posto che, per il discorso di cui sopra, non si sta parlando di un campione rappresentativo, bisogna vedere se "prima rappresentazione" indica, ad esempio, "prima rappresentazione della forma e dei legami". Cioè, per dirla con Stefano Vitta, se le protagoniste sono le linee e non i punti.
La popolazione presa in esame è quella degli utenti (diciamo così) "consapevoli", vale a dire dotati di sufficiente dimestichezza e interesse da registrarsi a BlogBabel.
Alla base possono esserci varie motivazioni*: può esserci stata la convinzione che solo gli "utenti in qualche modo consapevoli", e dunque in grado di usare certi strumenti, siano influenti. Oppure che, non potendo avere a disposizione l'intera popolazione, studiare questo campione "casuale" potesse essere soddisfacente secondo parametri definiti.

Per dire, uno potrebbe dire che io sono "rappresentativa della gente che vive a Bologna" non su base demografica ma, magari, basandosi sul fatto che soddisfo dei parametri di rappresentatività variamente stabiliti e che sono specifici di quello che si vuole dimostrare e, magari, usando una disciplina specifica del settore su cui sto facendo ricerca? Questa sarebbe un'ipotesi di lavoro, ipotesi che, in questo caso, mi pare plausibile se, come credo (e come dice Luca De Biase), lo studio si basa sulla scienza delle reti - di cui so davvero poco, non abbastanza da dire quanto la rappresentatività di un campione abbia peso (però, a naso, almeno un po', no?).


3. A chi serve questa mappa
In ogni caso ritengo che forse andassero spiegati meglio alcuni aspetti del metodo che è alla base di questo studio.
Non perchè io mi aspetti titoli precisi al limite del puntiglioso (come suonerebbe un titolo tipo "questa-è-diciamo-la-mappa-della-blogosfera" oppure "abbiamo-usato-diciamo-criteri-scientifici-non-esattamente-metodologici-ecc"?) o articoli con linguaggio da addetti ai lavori. Più che altro perchè, se ci penso e mi chiedo chi legge Nova e a chi può interessare la mappa della blogosfera, mi vengono in mente due categorie di persone: chi è interessato per i motivi (non economici) più vari e chi è interessato per lavoro, ergo per i motivi economici che ho escluso nella prima categoria. Ora, della seconda categoria mi preoccupo ben poco: se hai soldi e fai investimenti senza avere conoscenze statistiche e metodologiche di questo genere, un po' te lo meriti, di fare investimenti sbagliati**.
Però, magari, la prima categoria è interessata e vorrebbe capire, ma non ha conoscenze nel campo, o ne ha di parziali. E sarebbe carino, per una volta, a maggior ragione in questa occasione, che le persone avessero gli strumenti per capire precisamente come è stato condotto questo studio.


4. "Il blogger non esiste, ma non è una leggenda metropolitana"
Non mi piace l'idea che vengano definiti blogger solo coloro che usano la Rete in un certo modo (diciamo "consapevole" perchè per ora non mi viene una parola più adatta) , nè d'altronde penso che i veri blogger siano gli adolescenti che scrivono su MySpace e hanno un approccio differente.
Insomma, io, 'ste classificazioni le rifuggo e trovo che spesso siano strumentalizzate per sostenere una tesi piuttosto che un'altra.
I blogger sono persone che hanno un blog. Certo, alcuni condividono degli approcci, delle idee, dei modi di scrivere, ma non molto diversamente da altri gruppi umani. Certo, fatta salva la specificità del mezzo - e senza nessuna pretesa di scientificità.
Io non mi sento rappresentata dalla parola "blogger", così come non mi sento rappresentata dall'espressione "laureata in Scienze della Comunicazione" (e lo sono, certo). Ecco, se si potesse smettere di scrivere cose del tipo "cose che un blogger non farebbe mai" o "tipico atteggiamento da blogger", io sarei contenta.
Facciamo che è un buon proposito collettivo del 2007?




5. Last, but not least: il dito, la luna e tutto quello che c'è in mezzo
"Il blog non è altro che un insieme di forze che aggregano informazioni e gettano ponti. Ma il cuore del medium è la conversazione, la discussione continua, il bisogno di comunicare. Non importa di che cosa sia fatto un blog, non importa se tizio è considerabile un blogger e caio no, e perché. Io credo che dovremmo concentrarci invece su ciò che queste tecnologie abilitanti™ ci permettono di migliorare".




*First (not exactly) disclosure: Tony ha fatto partire questo discorso e mi ha stressato affinchè scrivessi questo noioso post metodologico - fa anche bene, altrimenti poi mi scordo e mi metto a fare altro. Per una serie di motivi eminentemente pratici l'ho scritto senza avere sottomano l'articolo di Nova (che ho letto) citato, il che mi secca. Più avanti dovrei averlo a disposizione. Chiedo scusa per eventuali imprecisioni.

**Second (not exactly) disclosure: no, non sono la paladina dei manager aziendali, nè di altri e no, non ho alcun interesse economico o lavorativo nel settore. E quella di sopra è una battuta - abbastanza.


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How cyber can you get (if you're running for the White House)?

"How cyber can you get?"
Questa è la domanda che si pone Jeff Jarvis commentando l'annuncio della candidatura di John Edwards per le elezioni presidenziali 2008. Il giornalista si chiede se questo sia un punto di svolta nelle campagne elettorali o solo un tentativo di restare al passo coi tempi.

Ma non solo. Sally Greene (Chapel Hill Town Council) sostiene - traduco - che "un flusso continuo di email e video su YouTube non riuscirà a farcela da solo. C'è il problema di quale sia il suo messaggio, quello che sostiene, se gli crediamo (e anche il problema di raggiungere i milioni di persone che non sono su Internet)".
Sally spiega anche che c'è stata una conference call per blogger durante la quale Edwards ha detto questo (il grassetto è mio, si capisce):

"This will be a campaign built from the ground up, which means all of you are critical getting this message out. . . . We don’t want this to be a situation where everybody is listening to candidates make promises for two years, [with the hope] that someone will be elected who will bring change. . . . There's everything wrong with that. We shouldn’t wait. That’s what we’ve done in the past and change has not occurred. I want to help lead this grassroots movement to accomplish things starting right now. The idea that some politician is going to come along and save all of us is nonsense to begin with. We have to take charge."


Per ora sembra che Edwards tenga parecchio ai blogger e che i blogger lo ascoltino attentamente: pare infatti che, parlando di guerra in Iraq, il neocandidato abbia usato la parola "escalate" ("It is a mistake for America to escalate the war in Iraq."), il termine usato dai blogger, come fanno notare Kos* ed Ezra Klein, tra gli altri - ora io non so quanto questa cosa sia sintomatica, ma, ad ogni modo, molti blogger lo fanno notare.
Sempre Klein (che scrive per The American prospect), inoltre, sottolinea come l'enfasi dell'annuncio fosse sull'impegno del singolo piuttosto che su questioni eminentemente politiche, insomma "Edwards ha spiegato meglio perchè impegnarsi come volontari con lui [per le cause e i temi che sostiene,ndS] che non perchè si dovrebbe votare per lui".

Ecco, per la mia vita specifica, al momento io non ho bisogno di decidere se credergli o no. Però penso che seguirò questa campagna elettorale, specie perchè mi interessa vedere come si svilupperà, se manterrà le premesse (e le promesse) e soprattutto come verrà integrata con fattori più tradizionali delle elezioni politiche degli USA: i media e soprattutto le lobby.

Se intanto volete qualcosa più mainstream (la diatriba sull'autoreferenzialità è viva e lotta insieme a noi?!) qui c'è l'articolo di Jackie Calmes pubblicato dal Wall Street Journal in cui si parla del principale tema affrontato da Edwards nel suo messaggio: la povertà.
E, in ogni caso, ecco (via Bora Zivkovic) un elenco di blog che hanno parlato di questa prima campagna elettorale "ai tempi del web 2.0".



* Daily Kos, il più celebre blogger liberal degli USA, ospita anche sia il "diario" (riuscirà a essere davvero tale?) di Edwards che post critici sul candidato



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venerdì, dicembre 29, 2006

John Edwards+ YouTube

La cosa incredibile dell'inizio di questa campagna elettorale (e di come viene utilizzato Youtube, certo) non è tanto che al candidato sia venuto in mente di mettere il proprio comizio in Iowa su YouTube e linkarlo nel suo sito, quanto che a qualcuno sia venuto in mente di realizzare un messaggio di "risposta" al suo annuncio di inizio campagna.
Questo, nella fattispecie, è quello di Brian Russell e Ruby Sinreich, attivisti del North Carolina (Edwards è stato, tra l'altro, senatore del NC) che ho conosciuto a Converge South 2005.

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My own zeitgeist - un post da fine anno

Qui mi dicono che sia la fine dell'anno e dunque tempo di bilanci.
Stranamente quest'anno non mi viene proprio spontaneo (non è da me che solitamente sono la regina del regno dei bilanci), quindi, dopo aver abbondantemente ignorato lo zeitgeist 2006 di Google e i relativi commenti, ho pensato che poteva essere un'idea da post di fine anno.
Quindi io gioco d'anticipo e schiaffo qui le mie "dieci parole" del 2006, senza ordine particolare.

  • laurea
  • Torino
  • amici
  • partenze/ritorni
  • viaggi
  • prospettive
  • progetti
  • stanchezza
  • NYC
  • sociopatici


A guardarle bene, danno un'idea abbastanza fedele di quello che è stato il mio anno.

giovedì, dicembre 28, 2006

La campagna di John Edwards parte da YouTube (e da New Orleans)

Tempo di candidature per le prossime elezioni negli USA.
John Edwards si candida ufficialmente e lancia il tutto dalla Rete usando YouTube:




Leggo che il video è curato dai realizzatori di Rocketboom e che anche Robert Scoble è coinvolto (ieri aveva già accennato alla cosa), anche se fa subito "full disclosure" riguardo alla sua collaborazione.

La campagna, insomma, sembra preannunciarsi molto legata a Internet in ogni sua (nuova) forma.
Significativo, infine, che la campagna parta da New Orleans, una ferita aperta.
Staremo a vedere...

Update: Per l'appunto, l'intervista di Joanne Colan (Rocketboom) a Edwards


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sabato, dicembre 23, 2006

Così lontano, così vicino (buon Natale!)

"You were right, you know..."
"About what?"
"We do live here now"
"Merry Christmas"
"Merry Christmas"


Qualcuno ha scritto "State vicini a qualunque cosa riteniate bella nei giorni a venire".
Sottoscrivo pienamente.
In questi giorni io, vicina alle cose belle, ci sono un bel po'. Ma non del tutto.
Dato che alcune delle cose belle della mia vita sono persone che non posso avere vicine in questi giorni, ma che probabilmente leggeranno, un augurio speciale va a loro, anche per ringraziare dell'aiuto ricevuto in questi ultimi tempi e, in generale, per essere parte della mia vita ogni giorno.
Buon Natale a tutti!

Il "moralmente giusto" non esiste, le leggi (magari) sì

In una società "il moralmente giusto" non esiste. Non è un assoluto universale.
Cambia da persona a persona e cambia nel tempo.
Per questo molte delle discussioni sul caso Welby, che nascono sulla scia emozionale (no, non è sbagliato, anche se sarebbe bello che non ci fosse bisogno del caso di cronaca), trascurano un fattore importante.
Che sarebbe: noi viviamo in una società, in uno Stato, regolato da leggi.
Che si basano su leggi che si basano su principi ecc. (e certe decisioni si basano su interpretazioni della legge. Un sistema perfettibile, certo, ma non eludibile se viviamo in una società).

Se manca una legge, allora va fatta. Compito di chi fa le leggi "intercettare" quello che è giusto, moralmente giusto, consono o la parola che vi pare.
Perchè la legge non è per un caso singolo, ma per regolare una situazione, e servirà a tutti.
Perchè forse è vero quello che diceva Prodi ieri sera nell'intervista a Tv7, che questo era un caso particolare che andava considerato nello specifico, ma è pure vero che ce ne sono e ce ne saranno altri, di casi, meno drammatici, forse, ma sempre sofferenza sarà.
E forse saranno persone meno istruite, non saranno attivisti, non richiameranno e/o non avranno l'attenzione dei media.
Per quelle persone di cui non sapremo niente, una legge serve. Per tutti.

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Appunti sparsi/ De autoreferentialitate

Ora io volevo dire:
- i media sono autoreferenziali
- la politica è autoreferenziale
- l'ambiente universitario è autoreferenziale (per dire di una cosa che mi sta capitando di frequentare incidentalmente)

Non so perchè ci sia questo sbuffare e meravigliarsi in qualcosa di umano che avviene tra umani.
Cioè che tra gruppi di esseri umani ci sia una dose di autoreferenzialità mi pare scontato, anzi naturale. Persino nei gruppi di amici ci sono soprannomi, battute ricorrenti e riferimenti che possono essere un ostacolo iniziale all'integrazione di chi vi si avvicinasse per la prima volta.
Nel leggere i chilometrici (per sua stessa ammissione :-P) post che scrive Simone Morgagni mi ritrovo sempre perplessa a condividere diversi punti di merito ma non di metodo.

Spesso fa considerazioni ragionevoli, ma secondo me è sbagliato assolutizzare la visione. Apprezzo che parli di "noi" quando si riferisce ai blogger, ma io sono convinta che il blogger non esista tout court. Non nel modo in cui ne parla lui, a mo' di casta con obiettivi. Quindi "dovremmo aprire agli altri" va bene come proposito, non come obiettivo, se non del singolo, a mio parere. Perchè siamo tanti singoli che scelgono di aggregarsi (non uso il termine a caso), non un gruppo organizzato.
Quindi capisco le conclusioni che discendono dal suo discorso ma ritengo che le premesse siano sbagliate. Se parlassimo di grandi temi le definirei anche un pochino tendenti al populista, specie quando parla degli adolescenti. Non credo che siano meno blogger ma nemmeno più blogger di altri.

Per finire, no, i media non sono il male e l'agenda setting nemmeno. Però è un fatto che la prima pagina dei quotidiani ha le stesse notizie a cui spesso viene dato lo stesso spazio. E che certe notizie non proprio trascurabili vengono trascurate, ove non ignorate.
Ma nuovi e vecchi media non sono diversi solo per scala e numero.
L'accesso a un medium, la possibilità di divenire produttore di contenuti senza competenze (e potere economico!) sono una fondamentale differenza
.
Il che non vuol dire che da domani tutti avranno la stessa visibilità e che i temi di nicchia assurgeranno alla massima importanza. Ma la possibilità c'è.

Poi potrei fare altre considerazioni sparse, ma non riuscire a dare una forma compiuta. E, per quanto mi riguarda, il post definitivo sulla questione dell'autoreferenzialità è questo (e a seguire, commenti inclusi, naturalmente).

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venerdì, dicembre 15, 2006

Astio 2.0/3 inatteso e fuori programma

A quanto pare ho scritto gli ultimi due post su altrettanti post che non esistono: Scalfarotto ha cancellato il post di critica a Pandemia, o meglio al suo autore.
A parte il fatto che personalmente mi sembra un'autocritica solo di nome e a parte il fatto che sarebbe stato più corretto tenere il post, anche per rispetto a chi ha commentato...cosa volevo dire? Ah, già, ora che ci penso, grazie ai feed conservo traccia anche di quel post.

Come? Internet ha "la capacità incredibile [...] di creare una realtà virtuale nella quale i suoi utenti si proiettano anima e corpo, venendo totalmente inghiottiti dal bianco latteo dello schermo del computer e dimenticando completamente il resto del mondo dietro di sé mentre passano le loro vite seduti davanti al piccì"*?

Uhm, può essere, eh... :P

(Capisco che non abbia tempo, ma io inviterei il dott. Scalfarotto a cercare di capire le logiche dei mezzi che usa o almeno a farseli spiegare da consiglieri, spin doctor e affini - specie se ha intenzione di usarli per fare politica e/o comunicare con la gente. E qui non sono sarcastica, è proprio solo il consiglio di una persona qualunque.)


Update (the cache moment): Tony mi ha girato il post che era andato perso.



* Scalfarotto I., "La triste parabola di Pandemia" (post che non esiste più), 15/12/2006


Tag: Ivan Scalfarotto, Luca Conti, Pandemia

Astio 2.0/2 aka "Vuoi star zitto per favore?"

I feed sono una cosa meravigliosa, ai confini della realtà.
Uno legge una cosa sui feed, poi magari va a vedere il blog e non trova quello che cercava.

Sul blog di CrunchNotes c'è un post del 12 dicembre dal titolo "Dave doesn't retire".
E cioè: Dave Winer decide di smettere di bloggare entro l'anno, Michael Arrington scrive un post in cui gli chiede di ripensarci, Winer dice che continuerà fino ad aprile ed Arrington esprime soddisfazione. Dave doesn't retire, appunto.
Fin qui ok.

Sul mio lettore di feed però c'è un altro post prima di questo: "Le Web and Dave Winer". E fa così:

Friendly Advice to Dave: The solution to every problem is not Dave Winer. You’re piling on about a conference you didn’t attend, and saying the solution would have been to invite you to speak. The reason no one invites you to speak at events is because of posts like this, where you dig up old conversations and tell just one side of the story.

The many reports I am hearing first hand about Le Web are positive. The blog posts, not so much. But either way, you should be more careful about passing judgment when you weren’t even there.

Nessun problema, eh.
Sul lettore di feed vedo che ci sono commenti e "10 references" e mi viene la curiosità di andare a leggerli. E quello che vedo è questo. Niente. Apparentemente il post è stato rimosso senza alcun riferimento o spiegazione.
Io sono un po' curiosa, ecco.

Tag: Dave Winer, Michael Arrington, CrunchNotes, Loic Le Meur, Le Web 3

Astio 2.0/1 (the Scalfarotto edition)

"C’è una cosa che mi fa impazzire di internet. E’ la capacità incredibile dello strumento di creare una realtà virtuale nella quale i suoi utenti si proiettano anima e corpo, venendo totalmente inghiottiti dal bianco latteo dello schermo del computer e dimenticando completamente il resto del mondo dietro di sé mentre passano le loro vite seduti davanti al piccì."

Così comincia questo post di Ivan Scalfarotto.
Ho seguito con medio interesse - e curiosità, certo - il suo operato per le primarie dell'Unione, e l'ho fatto proprio via web nella fase del voto, dato che ero all'estero. Non so esattamente quale fosse la percezione che di lui aveva la gente. So però che molti in Rete erano dall'incuriosito all'entusiasta. Chi? Ah, i blogger, certo, i blogger.
Poi succede che oggi sul suo blog Scalfarotto scrive questa cosa lunga e davvero antipatica su Luca Conti aka Pandemia in risposta a (o meglio indispettito a causa di) un suo post di qualche settimana fa, in cui veniva fatto notare, la deriva del blog di Scalfarotto infestato da spam e si manifestava delusione (che vuol dire, aver dato credito alla persona, questo forse Scalfarotto non lo ha notato). La critica in sè è abbastanza vaga e a sè stante e quindi mi riesce incomprensibile capire la reazione spropositata che ne è seguita.

E poco elegante è il modo in cui la replica di Scalfarotto viene fatta. Non su quello che Luca Conti ha scritto in Rete e non (banalmente: il suo lavoro), ma sul suo CV che è linkato nel blog.
Scalfarotto fa il Direttore del Personale e quindi avrà magari una deformazione professionale nel valutare un curriculum. Ma il modo in cui lo fa in questo caso e in questa circostanza, poi...Voglio sperare che nel valutare i CV badi anche alle esperienze di chi lo presenta, ecco, poi magari sbaglio io.
Ora nessuno dice che il CV vada messo per forza in Rete, ma è senza dubbio segno che uno, come dire, ci mette la faccia. Scalfarotto non fa un lavoro legato alla Rete e non voglio nemmeno dire che il suo, di curriculum, debba metterlo in Rete solo perchè è stato l'elemento distintivo della sua strategia elettorale (strategia, capito?).
Però ecco tutto suona molto, immotivatamente, astioso e anche snob, detto da uno che scrive di essere (cito dal sito) di "direttore del personale di uno degli istituti finanziari più prestigiosi al mondo". E che, certo, parlerà inglese meglio di tutti noi messi insieme, ma non è da quello che si valuta una persona. O no?

"C’è una cosa che mi fa impazzire di internet. E’ la capacità incredibile dello strumento di creare una realtà virtuale nella quale i suoi utenti si proiettano anima e corpo, venendo totalmente inghiottiti dal bianco latteo dello schermo del computer e dimenticando completamente il resto del mondo dietro di sé mentre passano le loro vite seduti davanti al piccì."

Ecco, appunto.


Tag: Ivan Scalfarotto, Luca Conti, Pandemia

O holy night...on the Sunset Strip

Beh, da quando il solito pusher di serie tv ne ha parlato e io ho seguito il suo consiglio (la prima volta era successo con Lost, fate un po' voi), sono diventata una fan sfegatata di "Studio 60 on the Sunset Strip".

Scopro oggi che in giro c'è il file mp3 della versione da brivido di "O holy night" suonata dai musicisti di New Orleans nel finale dell'ultima puntata (natalizia!) trasmessa prima della pausa per le feste (quando ricominciano a trasmetterla?).
Mi sembra anche il caso di ricordare la Tipitina's Foundation, che ha riunito questi musicisti e che sta operando per recuperare la cultura musicale della città.

In questo dicembre di scarso spirito natalizio (detto anche: "ma siamo sicuri che non ci siamo fermati a novembre? 'sto Natale dove sarebbe?") questa è forse l'unica cosa che mi ha fatto davvero pensare al Natale come significato e forse anche come atmosfera.
Sul sito della NBC c'è anche il video della parte finale dell'episodio. Che è bello da vedere, e non solo per i fanatici come me, perchè c'è un momento clou della serie.
Certo, poi però vi rovinate la sorpresa.
Quindi guardatevele tutte di fila dall'inizio, che è meglio.


p.s. Risparmio una tiritera infinita sui motivi per cui è una serie strepitosa - tanto so di non essere la sola a pensarlo - anzi cito solo la dotta opinione del pusher di cui sopra su una delle puntate: "è bellissima, scritta da dio e ha fatto piangere come un vitello il comunista che c’è in me nella sesta puntata, il tutto senza retorica o effettacci".
E la cito perchè è chiara e sintetica e mi rappresenta, riferimento comunista a parte.
E poi perchè altrimenti comincerei a elencare i motivi per cui li amo tutti, attori, personaggi, regista, sceneggiatori ecc.
Ecco, un po' di tiritera entusiastica l'ho fatta lo stesso.


Tag: Studio 60 on the Sunset Strip, O holy night, Tipitina foundation, New Orleans

Repubblica, oggi

Dal momento che è insolito ai limiti dell'emozione avere il tempo di dare un'occhiata (e leggere pure qualcosa!) a un quotidiano - ma non ho tempo per un'analisi seria di contenuti, metterei in fila qualche osservazione peregrina.

1. "Un paese che avanza. In ordine sparso" - menzione speciale per il titolo del Venerdì di Repubblica di oggi.
2. Posso dire che fa un po' ridere che facciano un trafiletto sui Golden Globe con foto di Babel e poi mettano la foto di "The departed" alla pagine successiva in mezzo a un articolo sulle polemiche relative alla volgarità dei film di Natale (ah, vabbè, ce l'avevano...)
3. Gli articoli non sono ancora firmati (quasi tutti)? Non ho più seguito la vicenda...vanno avanti ad oltranza?
4. A me gli articoli sembrano più lunghi del solito
5. non c'è un punto 5, dato che avrei da fare considerazioni ancora più peregrine. Che in questo caso è un termine politically correct per "del tutto prive di utilità e interesse, ma era tanto che non avevo il tempo di sedermi a leggere un quotidiano. E mi sono emozionata. Scusate."

domenica, dicembre 10, 2006

Un giorno a Roma, anzi due

Termini, casino, metro, casino, le vestali o le vestaglie, girls talk, la sveglia presto, stra-te-gi-a, sabato mattina e niente gente, Newborn, Eur, architettura fascista e obbrobri commerciali, piazzale vuoto, valutazioni estetiche e non sinistroidi, laghetti dell'Eur, la cocciutaggine è di famiglia, la fiera dei libri, guide spirituali e non, i libri, incontri consueti, incontri inconsueti, gossip tra blogger, racconti sottovoce, chiamate in attesa, domande insolite, aspettative, saggi, assaggi, attese, righe, caffè, "te ne do atto", rivincite, punti di riferimento, procrastinazione, conversazioni, occhi che vagano altrove, pensieri che vagano altrove, tempo perso, tempo ben speso, potenzialità, una bimba bionda che corre tra le sedie, stupore, disorientamento, sorrisetti sardonici, lasagne fatte in casa, chiacchiere a non finire, "sii perfida", rispetto, corpo, mente, trasporti romani, "è perdendosi che si impara ad orientarsi", un incontro illuminante e un tuffo indietro di 12 anni, lettere, non ho ricordi di certe cose, piazza Navona e le bancarelle, "chissà che idea ti starai facendo di Roma", "alla fine ho davvero fatto il liceo linguistico", via del Corso nonsopiùquantevolte, incontri casuali, fa un caldo innaturale, anzi piove, anzi diluvia, compro un ombrello e smette di piovere, dannata legge di Murphy, piazza del Popolo, saltelli, tasselli di un puzzle geografico, Trastevere, battute geniali a sfondo matematico e perciò improbabili, risate, differenze, pancake trasteverini, pubblicità orribili, opinioni politiche n-e-t-t-e, molte risate.

martedì, dicembre 05, 2006

Deconstructing

...è un microcosmo come gli altri.

Solo che hai la possibilità di cominciare come vuoi e con chi vuoi. Se vuoi”

(9/11/2004, riflessioni su un quadernetto nero di una che ancora non sapeva bene che avrebbe fatto una tesi sui blog – e non ne conosceva le conseguenze)


Devo suggerire una cosa: per favore, aprite la blogosfera”

(Teo, un gatto. Almeno credo)


Sì, i pensieri sono quelli di...un gatto (beh, non esattamente un gatto), ispirati dal BarCamp di Torino. Il gatto dice che la blogosfera è virtualmente è aperta ma criptica per chi non sia nel sistema di blog e affini, per chi non ci lavora, per chi lo vede come uno strumento magari nuovo, magari strano. O anche: l'autoreferenzialità, questo troppo noto rischio.

Oggi ho letto di alcuni commenti al BarCamp su questo tema e per molti versi sento di condividere quello che dice Andrea.
Cioè, è vero che a volte si è autoreferenziali e che magari una discussione sul blogroll non interessa granchè a chi il blog lo usa per esprimere le proprie idee e magari non ci ragiona per lavoro o per passione. E forse è vero, in generale non si fa abbastanza per rendere l'oggetto-blog un oggetto. E certo, un mezzo che diventa fine è sempre fonte di problemi.

Ma è anche vero che nemmeno io conoscevo nessuno all'inizio e ora non è più così.
Vorrei parlare dell'estrema apertura e disponibilità ad aiutare la sottoscritta per la sua tesi con materiale, idee e consigli. E anche che nella mia esperienza non c'è solo la gentilezza di chi mi ha aiutato, ma anche di chi ha ascoltato i miei sfoghi, di chi mi ha parlato di sè, di persone che ora sono amici o comunque, in qualche modo, punti di riferimento. E che le relazioni umane e le amicizie si creano allo stesso modo.

Ecco, ieri mi sono ritrovata a parlare di digital divide e del timore della gente nell'usare uno strumento che non conosce, di un mondo che viene percepito come chiuso.
Appare al limite del tautologico dire che un gruppo di persone - la blogosfera, si diceva - si comporta come un gruppo di persone. E che in tutti i gruppi umani, dal primo giorno di scuola in poi, ci si trova in situazioni in cui sei l'ultimo arrivato e ti ritrovi in un luogo in cui tutti sembrano conoscersi (non è questa la motivazione dell'autoreferenzialità. E anche: ci sono persone che vedono questa come un'occasione per avere importanza e per darsela. E lo farebbero comunque).

Ci sono tanti modi in cui si crea fiducia e si creano legami che vanno oltre il senso del luogo. Forse è una delle spiegazioni di certa difficoltà a entrare in certi meccanismi.
Ma anche: questo non è un posto chiuso e di solito arriva prima la voce di tutto il resto. Prima le proprie idee, prima l'interazione con altre persone, poi tutto il resto.

Tempo fa un blogger diceva che avrebbe potuto fare a meno del proprio blog, ma non di quelli degli altri.
Oh, se lo capisco.



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domenica, dicembre 03, 2006

On the road (stavolta lo hanno chiamato "Tour delle capitali d'Italia")

Si riparte, si riparte!!

5-7 dicembre Torino - incidentalmente mi trovate qui e qui
7-9 dicembre Roma - l'otto dicembre sono a PiùLibri. Come? Si parla anche di blog? Uhm, prima volta che sento questa cosa

Sarò negli interstizi, cari miei, fatemi un saluto, se mi vedete

Welcome!

Abbiamo un nuovo arrivo a casa: una tartarughina che ci hanno regalato i genitori di Sara.
Per ora è sveglia. Credo.
Ma le tartarughe non vanno in letargo?

Comunque sia, sono bene accetti consigli per il nome.

Update: devo rivedere le mie convinzioni sulle tartarughe, questa sembra allenata per il mezzofondo.

Update #2: è un maschio

Vicino-watching

So che qualcuno dei miei piccoli (!) lettori è affezionato alle vicende del mio anomalo vicino di casa.
Fino alla scorsa estate niente di nuovo, a parte una conversazione cominciata in ascensore (!!) e terminata a piano terra con sua madre (sì, mi ha mollato a parlare con sua madre ed è andato in cantina) - ovviamente era una discussione non necessaria su problemi che non esistono se non in certe menti bacate.

Le ultime nuove sono:
- ha sostituito il nome sulla targhetta del campanello: dal semplice cognome al cognome preceduto da "Dott." (!?!)
- ha messo una ghirlanda natalizia fuori dal suo cancello rigorosamente chiuso. La ghirlanda recita "Buon Natale" (test.)

Le domande in questa casa sono:
- in cosa ha preso 'sta laurea e soprattutto come (con i punti del latte, dicono i maligni)
- come dovremmo interpretare una ghirlanda natalizia da parte di uno che non riceve visite e non saluta i suoi vicini? (o anche: "Ma Hitler lo festeggia, il Natale?" - copyright di Valentina)

Le responsabilità di Google

Di tutta la faccenda relativa a Google e al video relativo a un episodio di bullismo hanno parlato in tanti. E così anche delle reazioni del ministro Fioroni.
Ne hanno parlato in tanti, e meglio di quanto potrei fare io.
Sinteticamente il mio contributo si sintetizza in: Internet NON è la stampa. Ed è una frase semplice ma non così lapalissiana come può sembrare.
Per il resto, tutta la conoscenza che potevo aggiungere alla conversazione l'ha già messa insieme Laura Turini a pag.15 dello scorso numero di Nòva (qui ancora per qualche giorno, poi non so).

No, il nazionalpopolare, no!

(ranting casuale e non strutturato su Studio "la Novella 2000 dei telegiornali" Aperto - cosa che dovrei fare periodicamente ogni volta che mi capita di vedere un servizio - sono in fase pre-influenzale e post-concerto e le mie capacità di filtro e rielaborazione sono ridotte al lumicino)

Sta andando in onda su Studio Aperto un esempio da manuale di "servizio di parte".
Sulla manifestazione di sabato a Roma, ça va sans dire.
Ora dico, se uno volesse farla in modo meno palese potrebbe almeno evitare di far vedere persone che potrebbero essere padri di famiglia che gridano "Come si fa a non venire per Silvioooooo". Mi aspetto da un momento all'altro che inquadrino qualcuno che canti "Seven Nation Army - versione nazionalpopolare.

Ma poi, mi chiedo, mi dà più fastidio il nazionalpopolare spinto o la sua rappresentazione formato telegiornale o presunto tale?



N.B. Studio Aperto parla di manifestazione* civile di moderati (non tutti, pare, still...)...eh? Due milioni, dicono...ehi, ma la questura stavolta che dice?




*c'erano le ballerine brasiliane. Ok, la battuta è troppo facile davvero

venerdì, dicembre 01, 2006

Schiacciali quei sassi passa sopra a tutti i sassi

Vedere dal vivo una puntata di Caterpillar* è divertente quanto ascoltarla in radio.
Anzi, forse di più, perchè ti ritrovi a parlare con un sacco di altri ascoltatori e...perchè vedi con i tuoi occhi quello che in radio viene raccontato (e no, non esagerano nel racconto).

Devo dire che tutta la giornata fiorentina odierna (dal sole** al lampredotto al Festival della Creatività) mi ha messo molto di buonumore.



* oggi guest star: Bandabardò
**sto diventando metereopatica in modo preoccupante...