Michele D'Alena mi ha invitato a parlare di come si ripensano la partecipazione e le istituzioni al tempo dei media sociali, in un momento di sfiducia e indignazione dei cittadini verso politici e amministratori pubblici (nonché dei media tradizionali) senza precedenti, ma anche di grande energia e voglia di cambiamento, spesso confuso.
"Il risultato è inevitabilmente contraddittorio, un magma che include superficialità e paranoia, ma anche molti cittadini salutarmente critici, desiderosi di accedere alle fonti, di ripensare con la propria testa questioni fondamentali, come testimoniano i forum online di tutta Europa", così scrive Juan Carlos De Martin, in un post molto interessante di un paio di mesi fa. Per coincidenza, sia io che Michele lo abbiamo preso come punto di partenza della nostra riflessione.
Ecco alcuni degli elementi da cui parte Juan Carlos:
1. Crisi di legittimità: i partiti politici sono l'istituzione più odiata - e non hanno finora reagito in maniera adeguata)
2. Partitocrazia: alla massima sfiducia verso i partiti corrisponde un potere enorme, un "vero e proprio monopolio della vita pubblica". Questo crea ulteriore rabbia e frustrazione, a maggior ragione in questo particolare momento storico.
3. Globalizzazione: JC scrive che la globalizzazione "a partire dagli anni '70 ha progressivamente ridotto la capacità delle democrazie di controllare l'economia. Anzi, la globalizzazione ha portato a un'influenza sempre maggiore dell'economia sulla politica, provocando, oltre al resto, un generalizzato aumento delle diseguaglianze". Anche questo è un elemento che la crisi accentua profondamente.
Che ruolo hanno i media sociali nel dialogo (spesso cercato, a volte solo esibito) tra cittadini e politici?
Le strade che vengono indicate vanno dalla democrazia diretta vagheggiata da Casaleggio, a nuove (piatta)forme di collaborazione tra i cittadini e i loro rappresentanti.
Si parla molto di Liquid Feedback, usato dal Partito Pirata tedesco: pochissimi giorni fa Laura Puppato e una quindicina di parlamentari hanno lanciato TuParlamento.it, spazio partecipativo che tenta di creare un legame tra proposte dei cittadini e lavoro degli eletti in Parlamento.
Si parla dell'attesa, ma non ancora disponibile, piattaforma del Movimento 5 Stelle e del loro prossimo progetto di Parlamento Elettronico nella regione Lazio (ne parla sull'Espresso Fabio Chiusi). E all'estero si sperimentano altre forme "ibride" di collaborazione, come il francese Parlement et Citoyens, che ha l'obiettivo di far collaborare le due parti nella stesura di disegni di legge.
"I partiti, dunque, per riprendere l'iniziativa e affrontare la loro crisi di legittimità dovrebbero avviare una stagione costituente rivolta innanzitutto a loro stessi, con riflessioni incentrate, da una parte, sulla democrazia debole in tutti i suoi aspetti, e, dall'altra parte, sulla Rete sia come strumento abilitante sia come fattore di cambiamento antropologico di molti cittadini" conclude De Martin.
Come cambia la partecipazione politica e civica dei cittadini in un contesto del genere?
E, a margine: siamo sicuri di sapere ancora distinguere la differenza tra partecipazione e frustrazione? Credo che questo sia un elemento fondamentale - e preliminare, in qualche modo - da fare quando si riflette su questi temi.
A stasera!
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