Mostra di Chagall alla GAM di Torino, meta della mia mezza giornata solitaria nel corso della trasferta piemontese di due weekend fa.
Molto apprezzata, davvero. La scoperta di un artista dalle forti suggestioni, che usa colori che restano impressi negli occhi e più dentro. Il blu e il rosso.
Un’altra persona mi ha detto che la mostra non le è piaciuta granché per la ricorrenza ossessiva di alcuni temi, dei cavalli e delle figure animali, di sposi ecc. Io ritengo che spesso sia la più o meno consapevole condanna di un’artista. Nel senso che i temi di Chagall, per quanto filtrati e non sempre immediati, sono la diretta conseguenza della sua vita, delle ossessioni, del dolore della sua vita. E credo sia comune agli artisti, forse tutti.
Per coloro che si esprimono attraverso le arti figurative la percezione della cosa è più immediata, tutto lì. Con le canzoni siamo “distratti”, la recitazione è una forma d’arte molto più mediata perché vi concorrono varie persone in ogni caso (sia se parliamo di cinema che di teatro)
Da ultra profana con scarsa competenza approccio all’arte prettamente emozionale, penso che un artista è il modo in cui cerca di comunicare quello che ha dentro, il suo mondo. Ed è una persona che sente l’esigenza, l’urgenza di farlo. O almeno così la vedo io.
1 commento:
Sono d'accordo, la ricorrenza di temi nella produzione di un artista è una conseguenza del sentire l'urgenza di certi temi, di approfondire dei nodi nell'animo più forti di altri. O almeno è questo che credo. Vogliamo dire a Dalì che gli orologi sbrodolosi hanno fatto il loro tempo? A Gaugin che Tahiti è fuori moda? A Schiele che l'anoressia fa male? Mah!
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