martedì, novembre 29, 2011

Politica 2.0, reti e persone dal globale al locale: qualche spunto

Ieri ho avuto la possibilità di parlare di politica e Rete con un gruppo di persone molto in gamba e in un contesto che è tra i più stimolanti: l'università.

La Rete e i social media in questi ultimi anni sono diventati inneschi, catalizzatori, agenti di diffusione dell'informazione e della formazione di una nuova sfera pubblica, una sfera altamente interconnessa e in cui è possibile il dialogo e lo scambio di dati tra attori differenti e di diverso peso, dall'istituzione al cittadino.
Cambia la relazione e la qualità di questa relazione, ha detto il professor Roberto Grandi nell'introduzione all'incontro: un'ibridazione di modelli, di spazio sociale, di modi di azione.
Una relazione che salta le intermediazioni solite (i media tradizionali) e trova nuovi intermediari con nuove forme organizzative: discorso privato e discorso pubblico hanno confini sempre meno definiti.

La conversazione è stata lunga e articolata, provo a raccogliere qui qualche spunto.
  • Apertura Vs. Chiusura: Non tutto è aperto, non tutto è uguale quando si parla di social network. "Facebook è un sistema chiuso, Twitter è aperto" ha spiegato Nicola Bruno. Aprire il sistema con le API è la chiave di un modello che può essere metafora anche per il funzionamento dei movimenti degli ultimi anni, quelli senza leader, o "senza testa", come viene raccontato in un libro di qualche anno fa.
  • Movimenti senza testa: I movimenti che nascono al tempo della rete sociale, che siano di protesta o di rivoluzione, usano i social media e l'azione collettiva per ripensare i confini e attraversarli, con i social media a supporto della creazione di modelli di organizzazione, ma anche di un nuovo paradigma di espressione. E di racconto, reale e collettivo. Una strada tracciata che inventa e inventerà nuove forme che ancora non immaginiamo. Per sintetizzare, ho ripreso una frase di Douglas Rushkoff che recentemente ha detto: "Occupy Wall Street è, più ancora che una protesta, un prototipo".
  • Online/Offline: i nuovi movimenti usano i social media per agire e coordinarsi (Twitter è stato spesso usato come esempio, ma può essere affiancato da altri), ma il successo è determinato anche da una commistione di attività online e offline. Lo dimostrano i casi degli Indignados e di Occupy Wall Street: non sono i primi né gli unici movimenti di questo tipo, ma quelli che sono riusciti ad avere seguito, successo e copertura. Una chiave è anche la continua relazione "fisica", in piazza, in assemblea, a discutere e guardarsi in faccia. E parliamo ancora di virtuale?
  • Ripensare la leadership: Questa mutazione dei movimenti significa la fine della leadership? Niente affatto, precisa giustamente Augusto: la leadership va ripensata e - cosa ancora più importante - rinegoziata. Perdendo il controllo (lezione per giornalismo e diplomazia - ché tanto lo stanno già imparando sul campo).

C'è molto che non riesco a sintetizzare e rilanciare, spero che la conversazione continui e che anche gli altri aggiungano le loro riflessioni.


Altre frasi, altri spunti
  • "Se non c'è tensione sociale, non può esserci movimento" - Marco Trotta
  • "I movimenti non nascono per le arene elettorali, vanno giudicati per l'innovazione dei codici culturali" - Lorenzo Mosca
  • "La comunità è il messaggio" - Augusto Valeriani

Una specie di bibliografia
Si è scelto di usare l'hashtag #openpolitica quindi troverete lì alcuni dei nostri spunti di ieri, altri ne aggiungeremo. Qui la raccolta dei tweet di ieri chez Michele D'Alena.
Dato che di università si tratta, mi sembra appropriato mettere qui una mini-bibliografia dei libri di cui si è parlato:

Bonus Track

P.S. Per me è stata una piccola emozione in più parlare agli studenti nel "mio" dipartimento di comunicazione e nell'aula in cui mi sono laureata. E sì, lo è stata anche rispondere a una domanda con "Studiate, siate curiosi". Roba da vecchi?

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