mercoledì, luglio 30, 2008
Vacaaaanza!
Sarò un po' itinerante ed è probabile che io sia qui tra il 10 e il 12 agosto (e voi andateci, ché ne vale la pena).
Per buona parte delle ferie comunque dovrei essere sul Gargano, in un posto piccino picciò dove non esiste wi-fi e c'è il mare a duecento metri da casa mia - tanto per fare una distinzione tra priorità.
Quindi se passate, vi va di venire a trovarmi o di sentire la mia vocina simpatica e petulante ecc fatemi una telefonata, ché mi sa che il computer lo vedrò pochino. Anche, in caso contrario temo che mia madre mi cioncherebbe le mani di netto, quindi... ;-)
Buone vacanze!
O anche: la sindrome da prima della classe
“E’ pericoloso focalizzarsi semplicemente sul fare le cose al meglio, e’ più importante scegliere le cose giuste da fare e poi farle adeguatamente”
martedì, luglio 29, 2008
Consigli per l'estate/edizione estero
Viaggi: Kurtz va in vacanza ad Amsterdam - e scrive pure gli indirizzi dei posti dove è stato (qui le foto, tra cui quella di cui sopra)
Cibo: Sara prepara il chili
Rocketboom @Netroots nation
Interviste:
- Markos Moulitsas di Daily Kos,
- Jay Rosen, professore a NYU,
- Karl Frisch di Media Matters,
- Erwin Tang, author of Gook . Gook è una parola razzista per indicare i vietnamiti. Il libro, ça va sans dire, è su John McCain
(grazie a kekkoz per la segnalazione)
lunedì, luglio 28, 2008
F-ego
Ma condividere un piccolo flash molto saggio di Feba vale sempre la pena (e chissà che a un certo punto non torni anche utile):
L’ego ha un funzionamento inversamente proporzionale rispetto a una bottiglia di vino, e’ praticamente sempre pieno. Ogni tanto pero’ bisogna allenarsi e svuotarlo un po’, perche’ questa sua pericolosa tendenza di farci vedere il mondo in maniera distorta ci impedisce di sforzarci ad essere diversi e a fare sul serio la differenza.
venerdì, luglio 25, 2008
Non dipendenza ma una certa pervasività
Ecco, io ieri ho trascorso i quindici secondi successivi a chiedermi come mai a qualcuno venga in mente di scrivere sui muri in terza persona.
(sì, ho poi realizzato che era un imperativo e che i quindici secondi precedenti erano una chiara evidenza dell'influenza di twitter nella mia vita)
lunedì, luglio 21, 2008
Enorme e refrattario ad ogni contabilità
Prendiamo il caso degli annunci economici e dell'impatto che, ad esempio Craig's List ha avuto nell'area della Baia: decine di milioni di dollari svaniti, che non torneranno più nelle casse dei quotidiani, che li usavano tradizionalmente per finanziare la loro indipendenza editoriale. Conseguenza diretta, licenziamenti e un'enorme ricchezza che si concentra nella piccola azienda di Craig.
Su una rete mobile non sarebbe successo, il valore si sarebbe conservato o addirittura accresciuto. E lo stesso motivo per cui ciò è possibile -c'è un proprietario che mette in rete quello che vuole al prezzo che vuole rendendo di fatto tutto controllato e a pagamento- rende così poveri i servizi su rete mobile, quando in realtà potrebbero avere mille motivi di interesse, magari corroborati da devices e infrastrutture adeguati.
domenica, luglio 20, 2008
"Signori, Kublai!"
Siamo lontani, sparsi per l’Italia, facciamo cose diverse, abbiamo percorsi diversi e mentalità differenti. Non saremmo stati insieme se non fosse per Kublai. E’ una scommessa: crediamo che insieme possiamo fare qualcosa di meglio e divertirci facendolo.
Kublai sta riempiendo le mie giornate, non solo dal punto di vista lavorativo: è un progetto bello e vivo, me ne accorgo dalla frequenza con cui mi ritrovo a parlarne quando chiacchiero con amici e dall'entusiasmo che suscita anche solo il mio racconto, per forza di cose incompleto.
Da quando le attività sono iniziate abbiamo fatto strada, incontrato persone, parlato, conosciuto realtà nuove e imparato tutti, moltissimo: il gruppo di persone è cresciuto, le idee e il fermento creativo aumentati a dismisura, collaborazioni tra persone lontanissime sono nate quasi magicamente (e invece no, non è magia, ma è bello che sembri tale).
Quello che facciamo però è difficile da comunicare e anche da spiegare a chi non ci sia dentro, ci abbiamo provato qui. Questa, a dire il vero, è una delle sfide, a maggior ragione adesso che sono partite le attività di coaching, un supporto ai primi progetti proposti.
Recentemente Giuseppe ha scritto un bel post (da cui è tratta la frase all'inizio) che fa da "manuale del kublaiano consapevole", come lo definisce lui:
Ecco, il kublaiano sa questo. Sa che fare rete è importante quanto essere bravo. Il Kublaiano non è kublaiano perché è iscritto al ning e forse ha un’idea. E’ kublaiano perché sa che facendo rete: per definizione fa rete per sé e per gli altri, e gli altri fanno rete per lui. E si scoprono i campi dietro le colline. Il kublaiano è attento alle persone del network, ci parla anche se apparentemente lavorano in campi diversi (proprio perché senza i flussi di cassa nemmeno il fabbro sarebbe fabbro, se non per pura fortuna con la C maiuscola). Il kublaiano costruisce fiducia, per sè e per gli altri. Perché se funziona la rete, se siamo attenti, aumentano le opportunità per tutti.
Lo spirito è questo, insomma.
Vi va di fare un giro?
Ode al quartiere
Ci sono quartieri che hanno un'anima visibile, molto più di altri, lo so bene. Altri, magari, mostrano l'anima solo a chi ci abita. Ma l'innamoramento è possibile, sempre e comunque, naturalmente, in quanto altamente soggettivo. Oggi mi ha fatto molto piacere leggere il post di Alberto sul quartiere di Milano in cui vive mi ha colpito e mi ha fatto sorridere e ripensare al quartiere Porto e a Morningside Heights.
Mi piacerebbe se ce ne fossero di più, di racconti, di momenti in cui ci si prende il tempo per mettere a fuoco il mondo che abbiamo intorno ogni giorno.
Come imparai a non preoccuparmi e ad amare il fagiano
Tipo quella volta che in treno eravamo io e tre esperti di sviluppo locale e non sapevo cosa dire (sembra una barzelletta). E così tocca affidarsi, come da famosa citazione, a "fantasia, intuizione, colpo d’occhio e velocità di esecuzione”.
Genio? Mh, più che altro un certo talento nel buttarla in vacca. Ecco qui, la storia del fagiano e di Kublai, as we know it.
Che ha avuto evoluzioni inaspettate, nemmeno a dirlo.
(fagiano, courtesy of suzukimaruti)
giovedì, luglio 17, 2008
19 luglio 1992
Non avevo ancora 11 anni il 23 maggio di quell'anno, il giorno di Capaci. L'improvvisa sensazione di una cosa grande, troppo grande, un po' come svegliarsi e scoprire che c'è il mondo intorno e che è un po' più vasto e complicato di quello che ti è sembrato fino a quel momento.
Ricordo i funerali, il dolore delle mogli, della gente comune. Poi non tanto altro, se non che cominciai a leggere molto, moltissimo, qualunque cosa riguardasse quella strage, la figura di Falcone, quelle persone. E Paolo Borsellino, che in molte foto era con Falcone, in una, forse in posa, schiena contro schiena, una specie di simbolo di quello che era, di quello che sarebbe stato, di quello che si diceva già, che il prossimo era lui, inevitabilmente.
Beh, io no, non ci ho creduto, anzi mi pareva una garanzia del contrario: voglio dire, se lo pensano, se lo sanno, sapranno come proteggerlo. Loro, quella cosa indistinta che ancora non chiamavo Stato, ma che mi pareva una sufficiente sicurezza.
Il 19 luglio era domenica, riesco a ricordarlo per una serie di piccole cose, consuetudini familiari tipiche di quel giorno della settimana. Non ricordo l'ora, forse pomeriggio, potrei sbagliare, mi pare ci fosse ancora luce quando mi sono ritrovata in piedi davanti al televisore a guardare via d'Amelio, incredula, senza parole. Sono andata in camera dei miei, mi sono seduta ai piedi del letto, dal lato di mia madre, quello più lontano dalla porta, come avevo fatto in quei giorni, mentre i grandi parlavano in soggiorno, rileggendo uno di quegli articoli, quello con la loro foto, schiena contro schiena. Non erano passati ancora due mesi, non era possibile.
Tradita, probabilmente non l'ho pensata, questa parola, ma era quello che sentivo. Era come se i grandi mi avessero detto una bugia. Lo sapevano, lo avevano scritto sui giornali, lo avevo letto io, persino io, che lui era il prossimo. E questo era una garanzia che non gli sarebbe successo niente, non poteva che essere così, avrebbero fatto qualcosa per impedirlo. Loro, quella cosa indistinta che ancora non chiamavo Stato, ma che mi pareva una sufficiente sicurezza.
Lo avevo creduto e il mondo dei grandi mi ha deluso allora, per la prima volta.
Non so davvero perché mi sia presa questo evento tanto a cuore, non so perché a distanza di sedici anni mi ricordo i due anniversari ogni anno e controllo se se lo ricordano anche gli altri, almeno sui giornali. Mi è tutt'ora incomprensibile il motivo per cui ogni volta che vedo delle immagini o ne sento parlare mi prende un groppo in gola e mi resta lì per un po', come stamattina, quando ho rivisto lo speciale de La storia siamo noi - e sarà minimo la terza volta.
Non so nemmeno perché queste cose mi girino in testa da una settimana, quando ho partecipato al primo incontro della scuola di formazione politica "Antonino Caponnetto". Sabato scorso, nel consueto caldo tropicale di Bologna d'estate, ho ascoltato le parole intense di persone diverse tra loro, ma tutte attente, appassionate. Appassionate. Come le parole di quel magistrato esile che dice "è tutto finito", con il dolore e lo sgomento tanto più consapevoli ma forse non così diversi dai miei quel giorno.
Quel signore che a me pareva vecchissimo ma che avrebbe vissuto ancora dieci anni portando la sua esperienza e la sua testimonianza e dando motivazione a tante persone, non ultime quelle che hanno deciso di dare il suo nome a questa iniziativa.
Alcune frasi di Caponnetto sono state lette sabato. Lucide, forti. Di quelle che ti fanno pensare che non è tutto finito, che ora puoi fare qualcosa, anche a modo tuo, anche se ti senti tradito, anche se i grandi ti hanno detto una bugia.
(Ora che sono grande anch'io)
Conversazioni su timide prove di pubblicazione
Papà: Ma allora dove lo pubblichi l'articolo sulla conferenza di New York?
Io: Sul Manifesto.
Papà: Ah, l'altro giorno ho visto Sansonetti in tv...ma è lui il direttore del Manifesto?
Io: No, papà, lui è direttore di Liberazione
2.
Io: Zio, devi fare una cosa che non ti piacerà, devi comprare il Manifesto sabato, ci sarà un mio articolo! Ti tocca, ti tocca!
Zio (un bel po' di destra): Ma proprio lì? Ma mica posso fare queste cose, io!
Io: Ma dai, ziiiiiiiiooooooo, la tua unica nipoteeee...è un quotidiano nazionale, daiiii!!
Zio: Vabbè...mh, magari mando qualcuno a comprarlo
3.
Zio (a mia madre): E no, dai, quel giornale no. Portami una fotocopia, su.
4.
Io: Oggi è sabato, ti ricordi che esce il mio articolo?
Papà: Ah, già. Quante copie compro? Tuo zio di sicuro non ne vuole una...
Io: Boh, vedi tu, dai
Papà: Ok, allora adesso esco e vado a comprare Liberazione
Io: Papà!! il Manifesto!!
Papà: Scusa, ma Sansonetti dove fa il direttore?
Io: Su Liberazione. Ma il mio articolo è sul Manifesto!
(la prossima volta fotocopie, davvero, mi sa)
Aftermath
Amico: Pensa che ho comprato il Manifesto con il tuo articolo.
Io: E l'hai letto? Che ne pensi?
Amico: Beh, certo, potevi dirmelo che era nel supplemento, quello che tutti buttano!
Io: E...tu...mica l'hai buttato?
mercoledì, luglio 16, 2008
Questione di stile
Personalmente resto dell'idea che si possa cazzeggiare ed essere seri a seconda dei contesti, una cosa non esclude l'altra, ma a volte si può sbagliare.
A questo punto una definizione gioverebbe
martedì, luglio 15, 2008
L'iPhone che *non* cambia il mondo
Every time Apple launches a new marketing blitz we endure an exhausting parade of claims that the new product will "change the world." There's no doubt that the new iPhone and, more importantly, the 2.0 software update, is very, very cool, and it does represent an evolution in mobile computing. But I'm confused about why so many of my fellow geeks find it necessary to describe this new product in terms typically reserved for advocacy campaigns or political slogans.
Il post di Josh è del genere che avrei potuto scrivere io. Se non fossi tanto poco interessata all'iPhone, intendo.
lunedì, luglio 14, 2008
Il dio delle agende
Il dio delle agende questo weekend l'ho fregato a colpi di organizzazione e di pressione stabile - ché il caldo torrido di Bologna a luglio lo capite solo se ci andate.
Ci sarebbero molte cose da dire, di gente appena conosciuta, di gente che sembra cambiata, di chi non vedevo da un anno e però sembrava solo una settimana, di una lunga mattina a sentir parlare di politica, ad ascoltare discorsi intensi e sentiti e a provare a credere e sperare un po' di più.
Il dio delle agende l'ho fregato trovando il tempo di una chiacchierata lunga e meno contorta del solito, quella in cui i ruoli sono confortevolmente sempre gli stessi e tu senti di conoscere la persona tua interlocutrice a memoria, anche quando ti dice cose che non sai e che non potevi sospettare. E poi, inaspettatamente, quando ti ricorda che persino i momenti in cui facevi la buffona hanno avuto senso - voglio dire, avevano un senso, io lo sapevo.
Faccio ancora così del resto, me ne rendo conto, incluso dare opinioni in modo poco delicato - ma solo a pochi (discutibilmente fortunati) eletti.
(stai a vedere che devo arrivare fino a Bologna in pieno luglio per rendermi conto di quanto poco io sia cambiata)
L'audience si è dimessa @UniBo
Dopo alcuni mesi di mail e di lettura del work in progress, l'ho conosciuta sabato sera, l'ho stordita a forza di chiacchiere e spero di averla tranquillizzata un po' per la giornata odierna.
Sara ha fatto un gran bel lavoro e mi ha fatto piacere poterle dare una mano nel mio piccolo.
Auguri e complimenti!!
venerdì, luglio 04, 2008
Tutti i barcamp portano a Roma (edizione 2008)
Il fatto è che, quando finisce la giornata di un barcamp che hai organizzato, di solito sei così stanco che la sola idea di rifarlo di nuovo ti fa stramazzare. E così io, a ottobre, avevo detto “Nooo, mai più”.
Poi sono passati mesi, di barcamp ce ne sono stati altri e un po' c'è stato un giro di boa: ci si è chiesti se il tempo del barcamp fosse finito, se si dovesse provare a reinventarlo in modo diverso...e così via.
Così, quando Nicola mi ha detto “e se organizzassimo un barcamp a Roma?” ho alzato lo sguardo dallo schermo e l'ho guardato perplessa, convinta che fosse una battuta. Quando mi ha detto che l'idea era nata da una chiacchierata tra lui e Vincenzo e poi mi ha mostrato il wiki, ho appurato che non era così e...insomma, non avevo detto “Mai più?”, io?? :P
Scherzi a parte, è una buona occasione anche per dare corso a un po' di conversazioni sul tema, così magari non restano ferme in un post o in qualche chiacchierata. Il fatto di pensare a un barcamp con così tanto anticipo (a fine novembre) dà infatti la possibilità di riflettere con calma e provare a ipotizzare delle modalità organizzative e – perché no – formule nuove.
Qualche mese fa, ad esempio, Giovanni ha realizzato una serie di interviste sul tema e ha elaborato alcune riflessioni, suddivise in due post che invito a leggere. Ne ho quindi approfittato per rileggere quello che gli avevo risposto io e per confrontarlo con le diverse opinioni date dagli altri intervistati.
Se ci penso, di domande me ne vengono già parecchie e pian piano voglio provare a pensarci e a sentire un po' di opinioni. La prima cosa è sicuramente il “l'eterno dilemma”: barcamp generalista o tematico?
Personalmente ho esperienza organizzativa solo della seconda opzione e mi è sembrato che questo si prestasse bene a far avvicinare anche persone non espertissime di tecnologia. Il punto a sfavore è, naturalmente, che il tema può essere o meno di interesse e questo lascia fuori un certo numero di persone.
Si può pensare a una modalità ibrida o comunque diversa? Per esempio, come si vede dal wiki, sono previsti momenti collettivi che sicuramente faranno da raccordo...voi come li utilizzereste?
Ultima nota per ora: sul wiki vedo i primi iscritti e alcuni scrivono che i due giorni (due! :) ) dovrebbero essere i due giorni del weekend, come abbiamo previsto: una buona idea o sarebbe meglio un venerdì/sabato?
Io comincio a pensarci - confortata dalla presenza di una decina di volontari (!!) e, tanto per fare le cose per bene, vi chiedo di usare il tag romecamp2008 per i post e quello #rc08 per Twitter.
Aspetto opinioni, ne riparliamo presto!
Ovviamente tenetevi liberi per il 29-30 novembre e...iscrivetevi, chevvelodicoaffare?!
Tag: RomeCamp2008
mercoledì, luglio 02, 2008
PDF 2008 - Lawrence Lessig: The declaration for independence
Ecco qui, datemi un po' voi una stima di quanto ci avrà messo a prepararla.
Ad ogni modo mi ha colpito moltissimo per la sicurezza e la convinzione.
Il paradosso è che è esattamente una di quelle cose per cui si potrebbe dire "eh, niente di nuovo", ma poi alla fine nessuno lo dice mai, o comunque mai in modo serio e attivo.
martedì, luglio 01, 2008
PDF, intervista a Radio Città del Capo
Argomento: il Personal Democracy Forum.
Devo dire che mi sono divertita un bel po', il file della chiacchierata è qui.
Interstizi @Personal Democracy Forum
Ci sarebbe molto da dire e da scrivere sulla conferenza e lo sto facendo - e lo farò. Qui intanto metto un po' di note "altre".
Una delle cose più curiose è stato conoscere persone interessanti, alcune delle quali mie "letture" quotidiane da mesi, e chiacchierarci di cose serie e anche molto meno serie, magari dopo una lunga giornata di conferenze davanti a una birra.
E così con Sarah Stirland di Wired parliamo di Italia, della situazione politica e tecnologica (e di come spiegare alle rispettive madri il lavoro che facciamo), con Colin Delany (un caciarone simpaticissimo!) ci perdiamo nel Rose Hall prima di raggiungere gli altri al bar mentre lui, quando scopre che sono italiana, mi dice che ha avuto un trackback da un post in italiano e quindi non riusciva a leggerlo e io gli spiego che il post l'ho scritto io su SpinDoc.
C'è Daniel di MoveOn.org che per imperscrutabili motivi parla un italiano perfetto e Leslie, che tiene fede al cognome Bradshaw con un look molto stiloso e che mi racconta delle sue molteplici attività, dal design alla tecnologia.
Poi ci sarebbero ancora altre cose ma se comincio qui non vado a dormire e il jetlag non mi passa più quindi per ora chiudo qui e a domani.
Comunque gli interstizi sono sempre una gran cosa, a tutte le latitudini, per dire.