Writing as a first, basic and nonnegotiable step. Writing to think from the perspective of identity and individuality. Writing to be more, to be the voice of many, to bring together intentions, mend identities. Writing to be read, talked about, linked, distributed. Reading to transform the individual to the collective, the personal to the communal, to rebuild a collective story. Reading, because – as Harold Bloom writes – “only attentive and constant reading provides and fully develops an independent personality.”
Democracy needs voters but, more than that, readers. Reading can wage war against the submission to power, to the establishment, to injustice. Reading is at the front line for freedom. Reading the forbidden, the censored, the omitted. We need to build an alliance of readers for social change. Technology 2.0 allows us to bring back the power of words, discourse and debate because they are the raw material of networks and “conversation”. People made real in digital life in the form of twitters, feeds, posts, comments, links, text messages. People who are words. Words that are networks.
lunedì, agosto 24, 2009
Parole per cambiare il mondo
Dal blog di PDF Europe:
Antoni Gutierrez-Rubi, Words to change the world
mercoledì, agosto 19, 2009
[Spagna] A favore dell'altro: parlare della parte politica avversa
In questi giorni Javier (che ho conosciuto a PDF 2009) e Manuel hanno fatto una specie di esercizio, tutt'altro che di stile: ognuno ha realizzato un post su quanto di buono ha fatto il partito della parte politica avversa. Senza doppi sensi, senza ironie.
E così Javier ha scritto un post sul PSOE, il partito socialista spagnolo, e Manuel sul PP, il partito popolare.
I post sono in spagnolo, l'esperimento è interessante, spero riusciate a leggere.
E così Javier ha scritto un post sul PSOE, il partito socialista spagnolo, e Manuel sul PP, il partito popolare.
I post sono in spagnolo, l'esperimento è interessante, spero riusciate a leggere.
martedì, agosto 04, 2009
[metafore del giornalismo] Quando Davide incontra Golia (e Golia gli tende una mano)
Cosa succede quando una piccola inchiesta giornalistica entra nel radar di uno dei più grandi giornali al mondo?
Ok, ricominciamo e partiamo dall'inizio e da Spot.us, il progetto di giornalismo locale "community funded": le inchieste proposte da giornalisti freelance riguardano la Bay Area e sono finanziate con microdonazioni da parte della community a cui vengono proposti.
1. Qualche settimana fa la giornalista Lindsey Hoshaw pubblica il pitch della sua inchiesta "Dissecting the Great Pacific Garbage Patch":
La cifra necessaria è però di 10.000 dollari, ben più consistente della media delle inchieste di Spot.us
2. Alcuni nomi importanti della Rete contribuiscono al finanziamento della storia, portando attenzione (i nomi di chi contribuisce sono visibili nella pagina del pitch) e altre persone disposte a donare una piccola somma - di solito venti dollari.
3. L'argomento dell'inchiesta è locale ma ha rilevanza nazionale e attira l'attenzione del New York Times che si offre, quando l'inchiesta avrà raccolto i fondi necessari, di pubblicarla. Niente di diverso rispetto al processo tipico di Spot.us ma una vetrina di prim'ordine per il risultato finito.
Il Times racconta la storia, creando ulteriore attenzione e, presumibilmente, portando altre persone a contribuire.
4. Il pitch viene finanziato e Lindsey inizia a preparare il suo viaggio...i risultati li vedremo sul New York Times!
Questa la sintesi della storia, che trovate analizzata meglio da David Cohn, fondatore di Spot.us.
Curiosamente, sembra riecheggiare uno dei mantra di Jeff Jarvis, docente di giornalismo e voce nota in questo settore: "Cover what you do best and link to the rest". Che anche il New York Times abbia iniziato a ragionarci?
In tempi di crisi (del giornalismo e non solo), di necessità di reinventarsi (del giornalismo e non solo) e di percorrere strade nuove, la storia del Great Pacific Garbage Patch è un caso o un possibile modello?
Ok, ricominciamo e partiamo dall'inizio e da Spot.us, il progetto di giornalismo locale "community funded": le inchieste proposte da giornalisti freelance riguardano la Bay Area e sono finanziate con microdonazioni da parte della community a cui vengono proposti.
1. Qualche settimana fa la giornalista Lindsey Hoshaw pubblica il pitch della sua inchiesta "Dissecting the Great Pacific Garbage Patch":
I will focus on the human connection to the Great Pacific Garbage Patch—a vast accumulation of floating garbage located within the North Pacific Subtropical Gyre. This swirling current keeps marine debris, mainly plastic, floating together in what amounts to an enormous maritime landfill. [...] This summer, Captain Charles Moore, who is credited with discovering the Garbage Patch, will take a tenth anniversary voyage to collect fish samples from the patch in order to determine the levels of toxins in their tissues. From this we’ll be able to discover whether the fish we eat is contaminated with toxic plastic pollutants.
I’ve been offered a space aboard the ship as the only journalist to chronicle this voyage. [...]
La cifra necessaria è però di 10.000 dollari, ben più consistente della media delle inchieste di Spot.us
2. Alcuni nomi importanti della Rete contribuiscono al finanziamento della storia, portando attenzione (i nomi di chi contribuisce sono visibili nella pagina del pitch) e altre persone disposte a donare una piccola somma - di solito venti dollari.
3. L'argomento dell'inchiesta è locale ma ha rilevanza nazionale e attira l'attenzione del New York Times che si offre, quando l'inchiesta avrà raccolto i fondi necessari, di pubblicarla. Niente di diverso rispetto al processo tipico di Spot.us ma una vetrina di prim'ordine per il risultato finito.
Il Times racconta la storia, creando ulteriore attenzione e, presumibilmente, portando altre persone a contribuire.
4. Il pitch viene finanziato e Lindsey inizia a preparare il suo viaggio...i risultati li vedremo sul New York Times!
Questa la sintesi della storia, che trovate analizzata meglio da David Cohn, fondatore di Spot.us.
Curiosamente, sembra riecheggiare uno dei mantra di Jeff Jarvis, docente di giornalismo e voce nota in questo settore: "Cover what you do best and link to the rest". Che anche il New York Times abbia iniziato a ragionarci?
In tempi di crisi (del giornalismo e non solo), di necessità di reinventarsi (del giornalismo e non solo) e di percorrere strade nuove, la storia del Great Pacific Garbage Patch è un caso o un possibile modello?
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