Dopo quella di Pisa e molte altre conferenze (di vario livello, generalmente buono) mi si ripropone il problema del feedback di queste situazioni.
Infatti, è facile notare che sono sempre le "domande del pubblico" ad essere sacrificate in questo tipo di incontri.
Ed è un peccato perchè poi, quando lo spazio c'è, le interazioni sono interessanti e utili per relatori ed ascoltatori. Certo, poi ci sono anche gli interventi imbarazzanti di chi non ha capito nulla o sembra lì per caso (e a volte lo è), e magari sono fastidiosi per chi ascolta e ne sa e per chi deve rispondere. eppure, spesso anche in quel caso, non sono situazioni del tutto inutili, se non altro perchè in molti casi servono a dare "il polso della situazione".
In altre parole "se ce la suoniamo e cantiamo da soli" è poco probabile che si facciano progressi significativi.
C'è sempre una parte di persone che va a questi incontri perchè addetto ai lavori, studente o comunque interessato in una dimensione che presuppone un'applicazione o elaborazione di quanto ascoltato o detto.
Ma per avere un'opinione su alcuni temi non è necessario fare parte di questa percentuale di persone, nella stessa misura in cui posso avere un'opinione sulla storia medievale o sulla gestione della sanità anche se non è e non sarà mai il mio campo.
Infatti, è facile notare che sono sempre le "domande del pubblico" ad essere sacrificate in questo tipo di incontri.
Ed è un peccato perchè poi, quando lo spazio c'è, le interazioni sono interessanti e utili per relatori ed ascoltatori. Certo, poi ci sono anche gli interventi imbarazzanti di chi non ha capito nulla o sembra lì per caso (e a volte lo è), e magari sono fastidiosi per chi ascolta e ne sa e per chi deve rispondere. eppure, spesso anche in quel caso, non sono situazioni del tutto inutili, se non altro perchè in molti casi servono a dare "il polso della situazione".
In altre parole "se ce la suoniamo e cantiamo da soli" è poco probabile che si facciano progressi significativi.
C'è sempre una parte di persone che va a questi incontri perchè addetto ai lavori, studente o comunque interessato in una dimensione che presuppone un'applicazione o elaborazione di quanto ascoltato o detto.
Ma per avere un'opinione su alcuni temi non è necessario fare parte di questa percentuale di persone, nella stessa misura in cui posso avere un'opinione sulla storia medievale o sulla gestione della sanità anche se non è e non sarà mai il mio campo.
A dire il vero rimuginavo queste cose da un po' e mi sono tornate in mente, in modo forse sconnesso forse no, dopo un'interessante conversazione con un amico che si occupa di comunicazione ma su altri temi rispetto a quelli che ho approfondito io fino a questo momento, quindi consapevole dell'argomento ma non "dentro", e quindi con un punto di vista diverso.
Il risultato è stato quello di mettere in luce le due facce della medaglia dei commenti nei blog: e cioè, potenziale fonte di confronto e conversazione...e anche no.
Nel senso: spesso chi commenta si avvale di alcune caratteristiche della Rete come l'anonimato, l'immediatezza per esprimere opinioni senza dover rendere conto a qualcuno del modo in cui le esprime (la Rete disinibisce, mi faceva una saggia persona qualche giorno fa). E chi ha un blog può scegliere come affrontare queste situazioni in vari modi, al limite anche cancellando commenti offensivi o sgraditi. Questo sta alle singole persone e a come scelgono di gestire questo strumento.
E quindi: i blog sono un modo di relazionarsi.
Ma questo vuole anche dire che non se ne può effettivamente parlare in termini di sistema?
Nota personale:
un paio di mesi fa ho riletto il wiki sulla UnConference e ho provato ad esporre la cosa ad alcune conoscenze che ho in ambito universitario. Se a parole c'era disponibilità per una cosa così innovativa, ho notato che il discorso dell'interlocutore in questione si è pian piano spostato sulla necessità di tutta una serie di cose moooolto da conferenza tradizionale.
Possibile che sia ancora troppo presto per esperienze come la UnConference - e/o mentalità sottostante - anche in Italia?
E quindi: i blog sono un modo di relazionarsi.
Ma questo vuole anche dire che non se ne può effettivamente parlare in termini di sistema?
Nota personale:
un paio di mesi fa ho riletto il wiki sulla UnConference e ho provato ad esporre la cosa ad alcune conoscenze che ho in ambito universitario. Se a parole c'era disponibilità per una cosa così innovativa, ho notato che il discorso dell'interlocutore in questione si è pian piano spostato sulla necessità di tutta una serie di cose moooolto da conferenza tradizionale.
Possibile che sia ancora troppo presto per esperienze come la UnConference - e/o mentalità sottostante - anche in Italia?
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